Di Barbara Alberti e dei capelli bianchi (Camera con vista 14/7/13)
Quando un’amica o un amico scrittori mi regalano un loro libro dicendo: «E’ una cosa da nulla, non preoccuparti nemmeno di leggerlo. Io non ci pensavo proprio a scriverlo, ma lo voleva l’editore….», e cose del genere, è la volta che mi butto a leggere appena scartato il pacchetto. Che poi una simile frase non la dice mai nessuno. Anzi, semmai il contrario: «Sono in ansia, è un libro su cui ho lavorato tanto…» Ma insomma Barbara Alberti sì, me l’ha detta e ridetta. E quasi non voleva nemmeno spedirmelo il suo La guardiana del faro – titolo anche della trasmissione seguitissima che conduce su Radio24 da cui ha tratto i testi variegati che compongono questo festoso, intelligente zibaldone – edito da Imprimatur (250 pagine, 16 euro). Ah, quanto mi sono divertita a leggerlo. Proprio come mi diverto quando l’ascolto, e non solo alla radio. Di Barbara mi è sempre piaciuta la libertà, di donna e di scrittrice, la sua capacità di sperimentare e di sottrarsi alle aspettative. «Storie di amori e di scrittura» è il sottotitolo del libro. Come dubitarne? Di che altro ha sempre parlato e scritto Barbara? Anche quando vai a cena da lei e ti racconta di Bionda, cagna amatissima (la ritrovo pure in questo volumetto) sta facendo letteratura e, insieme, una performance. E, attenzione, parlare di Bionda è parlare d’amore! E parlare è già fare letteratura. Amore e scrittura sono universali nel mondo albertesco.
E poi c’è la sincerità. Barbara Alberti è una che dice quel che pensa, in privato, alla radio, quando scrive. Prendiamo la questione capelli naturali, nel senso «Tingersi o no», titolo di un capitoletto che raccoglie le domande degli ascoltatori della Guardiana a cui la Guardiana ha dispensato le sue imprevedibili, deliziose o pungenti convinzioni. «Bisogna essere ben sicuri del proprio fascino per andare in giro argentati a quarantatré anni» dice ad Anna Grazia che vorrebbe smettere di tingersi. La avverte: bada che non è vero che gli uomini ti guarderanno lo stesso. E’ roba per superdonne che se ne fregano di piacere in quel senso lì. E poi racconta come lei ha smesso di farsi i colpi di sole, ultimo baluardo verso la rinuncia al colore in testa. Un giorno va dal parrucchiere e domanda: come starei? Il parrucchiere la terrorizza: come con la pelliccia di un vecchio cane, a chiazze. Ma lei imperterrita è decisa a non perdere più tanto tempo, «tre ore con la cuffia medievale coi buchi. E poi esci che sei brutta come prima, e in più quel qualcosa di presuntuoso» riflette. Ma questo, magari, che sei più brutta di prima dopo il trattamento, non è sempre vero. E’ vero che gli anni che hai non te li scala nessuno, nemmeno il parrucchiere…
Se ho scelto di raccontare proprio questo passaggio fra i tanti esilaranti che potevo scegliere, è perché la storia del tingersi o no mi riguarda. Anche per me è andata proprio così. Ho smesso di tingermi per noia, insofferenza di tempo perso a farsi torturare e perché improvvisamente non me ne importava più di non perpetrare l’inganno: dieci anni di meno (non scherzo). E chi se ne frega: devo illudere gli altri per convincere me stessa? E di che? Che sono sempre giovane e bella uguale? Che avrò ancora ai miei piedi stuoli di uomini desideranti? Bastassero i capelli….
Donne svegliatevi, rosse, brune, bionde, con le labbra a canotto e i seni che restano ritti anche stesi: il tempo fa tic tac lo stesso, e nessuno, nessuno, vi guarda col desiderio di quando avevate trent’anni. E compratevi il libro di Barbara Alberti, e ringraziamo insieme Gianluca Nicoletti che l’ha voluta Guardiana del Faro (e qui firma la prefazione del libro). Insomma, se ho capito la lezione: viva la gente che impara a invecchiare e non smette di amare.