La “Betty” di Cotroneo (Unità,1/10/13)
C’è un’ombra molto scura nella vita di Georges Simenon ed è il suicidio della giovane figlia Marie-Jo, edipicamente innamorata di lui. Credo ci sia l’infelicità di Marie-Jo all’origine dell’ispirazione di Roberto Cotroneo nel suo nuovo libro Betty (Bompiani, 188 pagina, 16 euro) che già nel titolo, calco di un romanzo non-Maigret dello scrittore francese, svela l’intento: costruire una nuova storia intrecciata abilmente a quella originale, in un contrappunto musicale oltre che contenutistico, che intreccia personaggi nuovi e vecchi in una specie di thriller letterario di intrigante fattura. Nella Betty di Cotroneo siamo nel 1987 (Sim morirà due anni dopo), vediamo il narratore francese vecchio e stanco nell’isola amata nella giovinezza, Porquerolles, per una breve vacanza estiva, che si lascia invischiare in una trama per la prima volta non sua, non governata da lui, ma da un misterioso fotografo e da una replica in carne e ossa di un suo inquietante personaggio, Betty appunto, che riecheggia il destino della figlia scomparsa rimescolando mai sopiti sensi di colpa.
La Betty di Simenon è uno dei suoi personaggi femminili più sgradevoli: una donna che abbandona marito e figli in modo inutilmente crudele e poi si lascia andare a un autolesionismo che brucia e corrompe chiunque le si avvicini anche se motivato dal desiderio di salvarla. Nemmeno la Betty di Cotroneo si salva, vittima di se stessa e di un’ossessione persecutoria innescata dalla lettura del romanzo.
Non è la prima volta che Cotroneo usa “le vite degli altri” per scrivere un suo libro, penso al Chet Baker di E nemmeno un rimpianto (Mondadori): lo fa in totale libertà, reinventando in parte le biografie, piegando i caratteri al suo plot del tutto originale rispetto ai modelli. Il fatto sorprendente è la capacità di avvicinarsi alla vera personalità dei suoi protagonisti e di renderli vivi tanto più si allontana dall’aderenza ai fatti avvenuti. E può capitare, leggendolo, che si creda al suo Simenon a Porquerolles come si crede alla Virginia Woolf di Michael Cunningham in Le ore in una bella confusione fra immaginazione e realtà.
Di Maire-Jo resta una toccante fotografia di quando era piccola, davanti alla porta dello studio del padre chiuso dentro a scrivere. Ed è come se il romanzo di Roberto Cotroneo avesse dato voce a quella fotografia.