Tana scrivere tutti? (Il Foglio 4/7/14)

Tana scrivere tutti? (Il Foglio 4/7/14)

Roberto Cotroneo

Roberto Cotroneo

Quando Roberto Cotroneo mi ha annunciato che stava per pubblicare un libro per incoraggiare la gente a scrivere, gli ho chiesto se non era impazzito. Passi per il Manuale di scrittura creativa, stampato da Castelvecchi nel 2008 (dirige la Scuola Superiore di Giornalismo, più alcuni master di scrittura creativa alla Luiss di Roma e dunque che redigesse un manuale era forse inevitabile), ma addirittura istigare a scrivere anche i pochissimi che ancora se ne astengono, mi sembrava un’azione riprovevole. Come, gli ho detto, non facciamo che lamentarci perché nessuno (ci) legge, mentre vogliono tutti esprimersi incuranti di farsi prima un minimo di cultura e tu cosa fai, concedi questa specie di lasciapassare a chiunque? Assolutorio già dal titolo: Il sogno di scrivere. (Perché lo abbiamo tutti. Perché è giusto realizzarlo), Utet, 220 pagine, 14 euro.

Non lo conosco da molto, Cotroneo, non lo conoscevo personalmente quando era “cattivo”, quando, nemmeno trentenne alla fine degli Anni Ottanta, sotto lo pseudonimo di Mamurio Lancillotto stroncava senza pietà sul Sole 24Ore gli scrittori italiani, ne era l’incubo e l’oscuro persecutore. Da Piero Citati ad Aldo Busi sono stati tanti a legarsela al dito per le sue ferocissime analisi. Mi ricordo che aprivo il Domenicale tremando, quando usciva un mio libro, temendo i suoi strali. Non me li sono meritati allora e adesso sembra che mi meriti la sua stima e la sua amiciza, ma insomma, non per questo gli posso concedere di prendere posizioni così ecumeniche e buoniste. «Tu leggilo e poi ne riparliamo» mi ha imposto con la dolcezza di oggi, tanto poco somigliante al moralizzatore d’un tempo, passandomi questo Sogno di scrivere che stavo rifiutando a priori. Perché di una cosa sono certa: se tutti scrivono è come se nessuno scrivesse. Che infatti è ciò che sta accadendo: un affollamento insensato dove è sempre più difficile districarsi e scegliere e costruirsi gerarchie e assegnare medaglie al valore della letteratura opacizzata dai generi, dalle scritture seriali, dagli artigiani bravini senza picchi geniali, dalle stravaganze telecomandate, dalla minacciosa sensazione che tutto sia stato già detto e masticato.

La copertina del libro

La copertina del libro

Ecco però che scorro l’indice e m’imbatto in capitoli curiosi: “Falegnami e caffè”, “Perdere tempo”, “Menzogne e sortilegi”, “L’equivoco del talento”, “Destini e infiniti”… e cosa dice Roberto Cotroneo dentro questi capitoli (diciassette in tutto più un “dizionario delle cose da sapere”)? In realtà si mette a spiegare per filo e per segno che cos’è la letteratura, che cos’è, per lo meno, quel rapporto intimo e segreto, in ognuno diverso, ma poi per tutti simile, che lega alla realtà le personalità artistiche. Lui sostiene che tutti, sotto sotto, siamo personalità artistiche (e qui non lo seguo), ma lo stesso è affascinante sprofondare con lui in riflessioni che non ci concediamo più il tempo di fare su cosa significhi “coltivare il terreno a maggese”, per esempio, ossia prendersi il tempo di un lungo riposo dove non si scrive, ma si pensa, si guarda, ci si ricarica. Capisco, leggendolo, che – se incoraggia a scrivere quelli che sognano di farlo – lo fa predicando un rallentamento costante, un annegamento infinito in se stessi e nelle cose, recuperando insomma quel tempo perduto che solo ci insegna a leggere diversamente ciò che ci circonda, e che se davvero gli scrittori della domenica seguissero il suo insegnamento, forse perderebbero la voglia di scrivere. Quando – per dirne una – invita a “stare dentro la tradizione letteraria” sembra una cosa da niente: ma provateci a stare davvero dentro una tradizione, a leggere, capire, interpretare, muovervi dentro la vostra storia culturale e la vostra lingua che vengono da lontano, provatevi a non accontentarvi di un fumetto o di una fanfiction o di una sceneggiatura seriale, magari bellissima, ma che si riferisce a usi, parole, abitudini lontanissime e sempre orizzontali, cioè odierne, senza radici. «La scrittura è un po’ questo. Non serve capire come si va in bicicletta» dice Cotroneo. «Serve avere una buona strada per cominciare a muoversi e a pedalare». Insomma, segnalando quanto accidentato sia un serio apprendistato, se ne sarà accorto Roberto di aver scritto un manuale di deterrenza allo scrivere? A me è piaciuto per questo il suo libro. Ma potrò dirglielo?

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