Sostegno all’Unità (l’Unità,16/07/14)

Sostegno all’Unità (l’Unità,16/07/14)

images-4Todo cambia dice la canzone e una corretta osservazione delle cose. «Che tutto vada verso la sua estinzione» malediva una scrittrice che mi sta particolarmente a cuore, Marguerite Duras, convinta (come sono anch’io) che il senso di tutto stia nella fine. Allora perché non posso sopportare che l’Unità chiuda, che l’Unità scompaia? Per motivi sentimentali? Certo. «Ci scrivo da più di 20 anni», come andava contando nel suo intervento su questo tema Valeria Viganò. Erano i primi Anni ’90, direzione Veltroni, quando abbiamo cominciato a collaborare con questa testata storica, sia lei sia io. Ci tornerò più avanti a quei bei tempi.

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Adesso mi preme rispondere alla domanda che mi sono appena posta: perché è importante – al di là dei miei casi personali e soprattutto di quelli di una redazione che lo fa vivere a ranghi ridotti e senza percepire stipendio da mesi – che questo quotidiano continui a esistere? Abbiamo una situazione politica fluida e instabile. Un Pd turbolento e diviso, malgrado che il suo segretario sia popolarissimo e largamente amato e sia anche presidente del Consiglio (fra l’altro il più giovane che la Repubblica Italiana possa vantare, il che è un bel segno dei tempi). Logica vorrebbe che il suo Partito gli si stringesse intorno – rimandando le dispute a dopo – e gli desse forza invece di segargli le gambe. Logica vorrebbe che un bel team di imprenditori di sinistra (la sinistra imprenditoriale di oggi, quella renziana se vogliamo, una sinistra lontanissima certo da quella di Gramsci, ma: todo cambia non ce ne dimentichiamo) si mettesse le mani sul cuore e in tasca e investisse in modo decisivo su un giornale cartaceo e on-line capace (le forze redazionali e intellettuali ci sono) di rendere questa nuova sinistra interessante e propositiva. Gli investimenti ben fatti gasano le redazioni, la scelta delle persone giuste in ruoli direzionali compattano gli animi, la convinzione che si possa tornare al lavoro non solo per lo stipendio, ma in vista di un disegno più alto e complesso stimola la creatività.

Si dirà che chiedere di investire sui giornali è una follia in questi tempi digitali. A me sembra invece che siamo tutti orfani di un buon quotidiano credibile, la cui proprietà non nasconda compromissioni vergognose, per esempio, e sia sinceramente interessata non solo ai propri guadagni, ma anche all’elaborazione di un mondo migliore, a un dibattito culturale aperto e onesto, a una funzione dei giornalisti come ascolto del popolo da una parte e pungolo verso chi ci governa, dall’altra. Per la storia che ha dietro di sé, per i tanti cambiamenti attraversati (e sopportati con onore) l’Unità è un marchio vendibile, riciclabile, rilanciabile (lo spiegava bene Chiara Valerio qualche giorno fa).

Walter Veltroni

Walter Veltroni

Naturalmente, perché tutto questo si realizzi, bisogna che i tempi siano maturi. Come lo erano, e qui torno a guardarmi indietro, quando Walter Veltroni assunse, fra le solite sterili polemiche, la direzione del quotidiano (aveva solo 37 anni) e ne moltiplicò le copie in tre anni. S’inventò i libri e le videocassette in allegato, imitato poi da altri giornali ben più grandi. Erano opere importanti questi “gadget” (ricordo che dovetti scrivere un’introduzione a Moby Dick per dirne una). Veltroni chiamò a collaborare – con l’onore del commento in prima pagina su fatti non strettamente culturali, ma di cronaca anche nera – una truppa di giovani scrittori, trenta/quarantenni come lui, gente che tornava a scrivere romanzi e poesie dopo la bufera dello sperimentalismo e dimostrava di saper seminare quella terra bruciata e ritrovare un pubblico, ma gente comunque non dal nome di richiamo. Nessuno di loro aveva ancora vinto alcun premio importante, per dire. Veltroni scommetteva sulla sua generazione, e vinceva. E intanto rinnovava il partito e lo ricompattava.

A me sembra che il momento attuale sia altrettanto maturo per qualche clamorosa novità, per una nuova speranza. C’è in giro un disperato bisogno di pulizia, trasparenza, onestà. C’è molta intelligenza costretta a piegarsi a un sistema cultural-editoriale perverso. Che state aspettando? Date a questa intelligenza un libero campo dove misurarsi con l’indipendenza e il coraggio.

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