Roma e gli scrittori su LEFT (14/8/14)

Roma e gli scrittori su LEFT (14/8/14)

Filippo La Porta

Filippo La Porta

@Romafaschifo cinguetta una pagina di Twitter che ha diecimila e quattrocento followers e ogni giorno riversa online prove fotografiche e denunce di orrori metropolitani fatti di voragini stradali, immondizie a cielo aperto, parcheggi occupati abusivamente, marciapiedi invasi da bancarelle, macchine posteggiate in seconda e tripla fila, piste ciclabili inesistenti, bus in cui spadroneggiano gli scippatori e chi più ne ha più ne metta. Sì, Roma fa schifo, approviamo in coro. E subito dopo all’unisono: Roma è bella da farti venire un infarto. Basta passeggiare al tramonto sul Lungotevere, alzare lo sguardo verso il Gianicolo, scendere dal Colle Oppio e godersi la vista sul Colosseo, farsi abbracciare dal colonnato della basilica di San Pietro, infilare la mano nella Bocca della Verità con un irreprimibile brivido. Ma non solo. Basta conoscerne qualche stradina appartata, perdersi nei suoi mercati, scendere sotto i suoi ponti seguendo Marco Lodoli, magari, e la sua “guida vagabonda” Nuove isole (Einaudi) – vedi recensione di Filippo La Porta a pag.   – ed ecco che ci facciamo subito pace, che dimentichiamo malaffare e malgoverno, e ci lasciamo cullare, ancora una volta, dalla sua grande bellezza.

Unknown-4Perché Roma viene da lontano, da troppo lontano perché si possa bloccarla in un’unica immagine, in un solo sentimento. Lo sa bene proprio Filippo La Porta che le ha dedicato anche lui un libro, inevitabilmente girovago pure questo, dal titolo misterioso: Roma è una bugia (Contromano Laterza, 115 pagine, 12 euro). «E’ una bugia perché simula un’apocalisse sempre rinviata» spiega. E in effetti è proprio così: Roma sta per scoppiare, è invivibile, pensi. E pensi: non ce la faccio più, la odio, mi trasferisco altrove. Ma poi non lo fai. Perché sai che è teatro, niente altro. Al prossimo giro le scene verranno smontate e ti ritroverai dentro un’altra storia, un’altra realtà, un’altra città.

La Porta la gira in lungo e in largo questa città, dice che è «scuorante» (che bella parola ritrovata) citando Landolfi e poi Moravia. Dice che è «scoraggiante, torpida e sconfortante», anzi peggio: Roma è «eternamente terminale», «un precipitare a oltranza, un crollo permanente». E pure la ama, con rabbia e nostalgia, ma nostalgia – attenzione – non di passate piacevolezze estinte, bensì di se stesso e di persone scomparse che non è più possibile staccare dai quartieri, dalle pietre della città. Perché Roma ti si appiccica adosso, è come una malattia inguaribile, una gravissima malattia che però non ti uccide. Ti lascia sopravvivere a te stesso.

Marco Lodoli

Marco Lodoli

Non so se sto aggiungendo del mio alle intenzioni dell’autore, ma quando un libro funziona succede. Succede di sovrapporre la propria biografia, i propri sentimenti a quelli descritti e così il pariolino rivoluzionario sessantottino che era Filippo posso essere anch’io, che non sono cresciuta ai Parioli e rivoluzionaria lo sono stata per età, ma molto meno convinta di lui. Anch’io, nella sua tristezza per la compagna anoressica e suicida, rivivo personali lutti romani, dolori, persone indissolubilmente legati a un quartiere preciso, una strada, un balcone. E poi certi incontri con la musica, certi concerti mitici che la città ha ospitato o certe letture: da Jimi Hendrix a Marcuse, Roma nel libro di La Porta diventa anche storia della nostra generazione, ma sempre dentro quello splendore «tellurico e spaventoso» che appartiene ai romani e a quella loro sfottente sfacciataggine che io, da non romana, ho sempre temuto e in fondo disprezzato un poco, ma con cui adesso Roma è una bugia mi riconcilia.

Inquadratura di Sacro Gra di G. Rosi

Inquadratura di Sacro Gra di G. Rosi

La stessa riconciliazione che mi ha regalato Gianfranco Rosi con il suo tenero docu-film, Sacro GRA, ricognizione inaspettata di personaggi e paesaggi intorno alla più grande autostrada urbana d’Italia, il Grande Raccordo Anulare che, stando alle parole del paesaggista Nicolò Bassetti (cui si deve l’idea del film) è «un vulcano attivo». Vulcano da lui raccontato con Sapo Matteucci in un altro libro da non perdere, Sacro romano Gra (Quodlibet) dove chi ha visto il film vincitore al Festival di Venezia 2013, ritroverà l’umanità sgangherata e creativa, anticonformista e a suo modo estrema che testimonia un’altra Roma e un’altra maniera di abitare il mondo, secondo quella filosofia tipicamente romana che La Porta racchiude fra due straordinari intercalare cittadini: «’Sti cazzi» (una forma sfottente di: e chi se ne frega) e «Anvedi!» (stupore sincero e vagamente infantile).

FacebooktwittermailFacebooktwittermail
No Comments

Post a Comment