Immaginazione n.317, maggio 2020
Mi attirano sempre molto i libri ispirati alla vita di grandi personaggi, e che non siano tradizionali biografie o biografie travestite da romanzi storici. Ne ho al momento sul tavolo una folta pila, apparsa in libreria prima che venisse il coronavirus a bloccare tutto. M’incuriosisce il diverso approccio degli autori al personaggio prescelto. Ne prendo quattro, diversissimi fra loro: Miss Rosselli di Renzo Paris e Il cuore è una selva di Novita Amadei, pubblicati da Neri Pozza; Figlio del lupo di Romana Petri (Mondadori) e Delitto Neruda di Roberto Ippolito, edito da Chiarelettere. Sono nell’ordine un memoir, due romanzi (ispirati il primo a un pittore, Antonio Ligabue; il secondo a uno scrittore, Jack London), e un’inchiesta giudiziario giornalistica.
La miss Rosselli di Paris è la straordinaria, incandescente e anche bellissima poetessa Amelia Rosselli. Lo stesso autore spiega nel libro: «Questa non è una biografia di Amelia, è piuttosto la rievocazione della sua personalità, e al tempo stesso il tentativo di allontanare la sua ombra». Da qui una scrittura che si dipana tutta fra illuminanti rivelazioni e oscure minacce per delineare i confini di una difficile amicizia, una riottosa fascinazione, un disperato senso d’impotenza. Amelia la fascinosa, la sospettosa, l’erotica, la perseguitata (da se stessa, dai suoi fantasmi), Amelia che quando in un qualsiasi teatrino o nell’intimità di una serata tranquilla legge i suoi versi, subito materializza la Poesia, quasi la poesia fosse una persona, sacra, silenziosa. La sigaretta fra le dita, lo sguardo arguto, la smorfia beffarda. Amelia che un giorno, lo stesso – in un anno diverso – in cui si uccise Sylvia Plath, aprì la finestra e si gettò nel vuoto. E’ perché l’ho conosciuta e la riconosco identica a come la racconta Paris che mi sono così commossa e che sento “necessario” questo libro?
I personaggi scelti da Romana Petri e da Novita Amadei, invece, non fanno parte del mio Pantheon personale. Poco della mia storia e delle mie scelte mi avvicinano a loro: uno scrittore impegnato e dal talento travolgente e un artista psichicamente fragilissimo dall’espressività che sconvolge. Ma in un caso e nell’altro decisiva è la forza romanzesca di queste due diversissime scrittrici che hanno saputo entrare nella vita e nell’animo dei loro eroi, rimanendo fedeli alla realtà e sentendosi insieme libere (giustamente) di inventare situazioni, pensieri, dialoghi. Perché il romanzo può avere questa forza: rappresentare tanto più fedelmente la realtà quanto più è in grado di “tradirla” o anche solo di reinventarla. La scrittura di Petri è appassionata, analitica, chiaroveggente, compatta. Quella di Amadei notturna, lieve, equorea, evocativa. Si sono misurate con l’ego sovrabbondante di due uomini eccessivi, il lupo London, l’aquila Ligabue, conservando fra le righe – notevolissimo – un segreto femminile divertimento.
E adesso Neruda, il passionale poeta e politico cileno letto nell’adolescenza, che con i suoi versi d’amore accendeva desideri fortissimi, ma ancora inespressi o confusi. Premio Nobel nel 1971, perseguitato sotto il regime di Pinochet e morto ufficialmente di tumore alla prostata in una clinica di Santiago nel 1973, ma in circostanze che in tanti hanno da subito ritenuto dubbie. Fino all’ammissione (nel 2015) del governo cileno che la morte del poeta fosse stata accelerata dalla somministrazione di un qualche misterioso farmaco. Chiacchiere, ipotesi, leggende. Il libro di Ippolito che ripercorre minuziosamente l’intera vicenda, mette insieme documenti sparsi, rilegge precedenti inchieste, ricostruisce una controversa biografia, analizza scritti autografi, evoca luoghi, serate, conversazioni, e alla fine non lascia dubbi. E’ insieme un ritratto vivo dell’uomo e un’orazione funebre. E un’arringa volta a dimostrare una volta per tutte una scomoda, tragica verità. Ma se è vero che, come scrisse lo stesso poeta, «è per rinascere che siamo nati», Delitto Neruda è di per sé una prima forma di rinascita.
guido villa
Interessante.