Leggere ai tempi della pandemia (L’Immaginazione n.321 gen.feb. 2021)

Leggere ai tempi della pandemia (L’Immaginazione n.321 gen.feb. 2021)

Una delle cose buone di pandemia e isolamento è che mi è tornata voglia di leggere. Nel senso proprio di sprofondare per ore e ore fra le pagine di un libro, senza essere costretta a interrompermi per le mille necessità che affannano le nostre giornate in quel «troppo commercio con la gente/ con troppe parole in un viavai frenetico» con cui – secondo Costantinos Kavafis (e come dargli torto) – sciupiamo la vita «in balìa del quotidiano/ gioco balordo degli incontri/ e degli inviti/ fino a farne una stucchevole estranea». Eh, sì, lo ammetto, non è per niente male non dover ricorrere a scuse improbabili per evitare le cene, per schivare presentazioni, per darsi alla macchia insomma. Il generale piagnisteo di colleghi disperati perché non possono promuovere l’ultimo libro sbattendosi in giro per l’Italia da una libreria a una biblioteca, da una piazza a una galleria, da un bar a un ristorante, mi sorprende parecchio. Io mi chiedo come farò, quando tutto questo sarà finito (e mi auguro che lo sia, ovviamente) a riprendere il trantran di prima, saltando da un treno all’altro, la valigia sempre pronta, per adeguarmi alla vita dello scrittore oggi: un commesso viaggiatore che vende il suo povero prodotto appena un po’ diverso dal precedente (e per fortuna non sono di quelli che scrivono un libro l’anno. Me ne sono sempre guardata bene).

Eccomi dunque stesa sul divano, caminetto acceso, una torre di cuscini sotto le gambe, i cani che sonnecchiano intorno, i gatti che passano silenziosi con le code alte come pinne di piccoli squali, un cd che suona una musica meravigliosa… C’è solo un problema. Che libro prendo dalle pile che ho preparato sul tavolo? Ne volete un elenco (inevitabilmente provvisorio)? Dunque, ci sarebbe I vagabondi di Olga Tokarczuk (Bompiani), che ho comprato l’anno scorso appena hanno annunciato il Nobel, ma finisce sempre scavalcato da qualcos’altro, non so proprio perché. Per esempio dall’ultimo romanzo che ho letto con vera passione in un solo pomeriggio, di un’italiana in questo caso, Romana Petri, dal titolo Cuore di furia (Marsilio): una fantasia ispirata alla vita e al carattere stravagante di uno scrittore che tutte e due abbiamo conosciuto e amiamo molto, Giorgio Manganelli. Oppure potrei tornare su Manuel Vilas, del quale avevo letto In tutto c’è stata bellezza (Guanda), che mi era piaciuto con (molte) riserve e del quale ho acquistato anche il precedente La gioia all’improvviso (stesso editore). Ma ogni volta che lo apro me ne allontana la lunghezza. Vilas non sa scrivere meno di 400 pagine a botta, e non se ne vede la necessità. Potrebbe dire quel che ha da dire nella metà esatta della carta utilizzata. E’ poi un autore un po’ troppo alla moda, e questo contribuisce a farmi restituire il romanzo al solito tavolo. Dal quale questa volta tiro su Le case dei miei scrittori (Add) di tal Evelyne Bloch-Dano, comprata perché ha la mia stessa mania per le case degli scrittori, ma qualcuno mi ha detto che è molto meno brava di me e così mi ha smontato. Ci sono poi libri che vorrei recensire, come Gita al fiume (il Saggiatore) di Olivia Laing, che ha a vedere con crisi depressive e Virginia Woolf (infatti il fiume è l’Ouse in cui l’autrice inglese si affogò). E, a proposito, da tempo vorrei leggere L’ultima pagina di Susanna Schimperna (Iacobelli) in cui torna la Woolf, insieme a Pavese, Mishima, Hemingway, Sarah Kane e diversi altri suicidi. Forse non mi decido perché potrebbe essere un libro pericoloso in questi tempi difficili. Meglio andare sul sicuro: Patrick Modiano, che alcuni miei amici considerano «il più grande scrittore vivente» mentre io devo ancora capire se hanno ragione o no. Ho deciso che è venuto il momento di saperlo e così – avendo letto di lui solo i tre titoli famosi, Dora Bruder (Guanda), Un pedigree  e Nel caffè della gioventù perduta (Einaudi) sono andata su Ibs e mi sono comprata tutto il resto. Tutto. Se però mi dedico a lui, finisco… che finisce prima il virus. E allora? Quasi quasi abbandono i contemporanei e mi giro un po’ indietro. Ho qui un Giuseppe Berto molto allettante perché parla di un animale che amo particolarmente, Colloqui col cane (Marsilio). Ma no, ancora più indietro. Ecco, ho trovato: Michail Bulgakov. E’ proprio quel che ci vuole. Titolo: Memorie di un giovane medico (Neri Pozza). Apro a caso: «Per quel che mi riguarda, io, come è ormai chiaro, sono stato felice nell’anno 1917, in inverno. Anno indimenticabile, impetuoso, anno di burrasche». Sì, ci siamo. Anche il 2020 sarà un anno indimenticabile. A modo suo.

 

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4 Comments
  • Giovanni Cossu
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    Salve Sandra,ti consiglio di entrare in punta di piedi,in Madame Bovary come ci consiglia Flaubert, nasconderti tra gli alunni che accolgono il nuovo arrivato,e lasciati sedurre dalla musicalità del romanzo,tutto a spirale dove purtroppo Emma cade.

    26 Gennaio 2021 at 18:07
  • GUIDO VILLA
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    Originali oltre che interessanti queste tue considerazioni su “stile di vita pandemico” e letture dalle cui tue ricerche/preferenze ne escono sempre suggerimenti per nuovi stimoli di lettura da parte di chi ti legge.
    Qui pensavo di selezionare “Gita al fiume” e “L’ultima pagina”, temi intriganti.
    Non ti sei “mossa” come usi per girare in presentazioni e varie, pero’ e’ stato molto interessante vederti diverse volte su Zoom e varie, diciamo il lato positivo (per modo di dire) delle situazione attuale e chissa’ per quanto ancora attuale. A fine 2019 ero per qualche settimana a Fano e quasi riuscivo a venire ad Jesi dove presentavi, per questioni logistiche non sono poi riuscito. Nel 2020, appunto, ti ho seguito da casa (comodo)….. ma non e’ ovviamente la stessa cosa, pero’ utile. Non so quanto sia utile/piacevole per voi scrittori questo sistema ma oltre a te nel 2020 ho visto molti eventi con tuoi colleghi.
    Nel 2021 comunque ti auguro di riprendere…. “saltando da un treno all’altro, la valigia sempre pronta”.

    26 Gennaio 2021 at 18:30

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