Nonna di campagna, nipotina di città (Il Foglio, 29/1/21)
Quando dalla città arriva in campagna dalla nonna, che sarei io, si guarda intorno guardinga. Stretta all’inseparabile orsacchiotto, grande quasi quanto lei, deve riprendere le misure del prato, degli alberi, della casa, rifare rapida amicizia con i miei tre cani, che le girano sospettosi intorno nelle loro diverse altezze, e finalmente accettare il mio abbraccio. Diciamolo apertamente: l’arrivo qui in campagna di una bimbetta di tre anni per cui io stravedo, ai cani piace pochissimo. Per dirla proprio tutta: è una vera calamità che affrontano con sentimenti che vanno dalla rassegnazione alla disperazione. E’ rassegnato il cane più grosso e bonaccione, finge indifferenza la mediana (una cagna da caccia che odia gli spari e la confusione in genere), si abbandona a gesti teatrali la più piccola (piccola per dimensioni e per età) che avendo tre anni, come la bambina in questione, si sente particolarmente minacciata: la sua razione di coccole verrà scippata, la mia attenzione deviata e il salotto dove si dorme tranquilli, adagiati ognuno su un divano, sarà trasformato in un campo di battaglia pieno di giocattoli e di pupazzetti vietati ai cani. Così è tutto un mugolare e agitarsi, presentarsi con i suoi di pupazzi e relative pallette, tentare in ogni modo (e inutilmente, va da sé) di attirare l’attenzione.
La bambina, poi, preferisce manifestamente i gatti perché ne ha uno anche lei nella sua casa di città. Qui c’è l’imbarazzo della scelta quanto a gatti, ce ne sono ben quattro di vario colore, dal bianco al nero passando per il grigio e per un pezzato elegantissimo nero e bianco. Ma i gatti, si sa, sono degli egoisti neghittosi, mai una volta che s’impegnassero in un gioco, in un generoso offrirsi alle carezze. Macché. Come arriva la bambina, li vedi darsela a gambe, proteggersi in improvvisati, inaccessibili angoletti, fuggire dallo spiraglio di una finestra e chi s’è visto s’è visto.
Così per giocare non resta che la nonna, perché pure ai genitori, come ai gatti, non gli par vero di darsela a gambe. Ma la nonna ha un sacco di risorse. E’ una nonna di campagna, non ce lo dobbiamo dimenticare. E mica può contare solo su gatti e cani, per altro refrattari. «Andiamo a dare il mangime alle galline!» esorta. Alla bambina si accendono due luci birichine negli occhi. «Sì!» grida «Galliné!» (è il richiamo con cui attiro l’attenzione di questi pennuti quando voglio raggrupparli, inaspettatamente la bambina se lo ricorda!) Al grido “galliné” ci avviamo verso il pollaio ed eccole che bianche, nere e arancioni le galline ci si fanno incontro. La bambina è in brodo di giuggiole. Siamo fortunate, c’è persino un uovo caldo caldo (che vuol dire fresco fresco) nella paglia. La bambina vuole tenerlo lei fra le mani con una delicatezza infinita. «Nonna, come mai è tiepido?» chiede (la parola “tiepido” le piace particolarmente, perché nella sua esperienza è la temperatura perfetta della pappa. «E’ caldo?» domanda preoccupata prima di assaggiare qualsiasi cosa. «No. E’ giusto: è tiepido». «E’ tiepido» ripete tutta contenta). Mi sto arrampicando su complicate spiegazioni di uova appena deposte, riscaldate dal corpo della gallina, quando le viene in mente il cavallo: «Nonna, andiamo da Carlos?»
Carlos è il cavallo di un podere poco distante, che si annoia nel suo recinto in compagnia di alcune caprette. Al nostro arrivo le caprette scappano, ma lui si avvicina alla rete sapendo per esperienza che abbiamo dei doni, una carota, una mela, il gambo di un sedano. Vere delizie per movimentare la noia della solita biada nella sua stalla. La bambina non ha nessuna paura dei dentoni di Carlos che mi strappano la carota, né dei suoi occhi enormi che ci scrutano con gratitudine. Vuole persino tirargli la frangia bruna e infilare lei il sedano nella rete giocando a resistere, mentre il cavallo, abbassato il collo alla sua altezza, tira dall’altra parte. Risate. Divertimento.
E adesso viene il bello. Un gioco che non abbiamo ancora mai giocato insieme.
«Oggi facciamo giardinaggio!» annuncio. «Giardinaggio?» chiede accentuando un tono di sorpresa e mettendo le mani sui fianchi come certi personaggi dei suoi cartoni preferiti (Pimpa, Bing e ora ci si è messa una principessa di un regno gelato, Frozen si chiama…)
«Ma come, non facciamo nascondino?» chiede preoccupata.
«Ho comprato delle nuove piantine e dobbiamo sistemarle in quell’aiuola laggiù che è vuota. Altro che nascondino».
E così, armate di palette e di un piantabulbi verde smeraldo che le piace moltissimo, partiamo alla volta dell’aiuola. Pasticciare con la terra, scavare una buca col piantabulbi, infilarci dentro la piantina, innaffiare. E poi contemplare il lavoro fatto. Ecco qualcosa che piace un sacco ai bambini.
C’è solo un problema: come farò la prossima volta a pataccarle un nascondino qualsiasi?
guido villa
Bellissimo pezzo! Divertente! Stile “By Petrignani”.
Belle foto… ad iniziare dalla “pantera” sul tetto.
Sandra Petrignani
Besos (tanto per cambiare)
Francesca Gatto
Se continua cosī….se viene allevata fin da piccola in cittá..ma anche a galline ,cavallo, terra da zappettare e magari qualche ruscelletto fresco dove inzuppare i piedini….sicuramente la sua nonna di campagna, ma con la testa di cittá avrá contribuito al suo equilibrio emotivo e mentale.
Sandra Petrignani
Speriamo cara, è tutto così complicato, anche spostarsi da una regione all’altra. Ora l’Umbria è rimasta arancione…. Un bacio, almeno virtuale
Daniela Masi
Ho particolarmente apprezzato la tua narrazione di nonna. Ho ormai capito che la mia migliore eta’ e’ stata proprio il tempo trascorso nella casa dei nonni nel paese minuscolo di Miniera di Perticara. L’orto, il bughetto con le galline e i conigli, la mano del nonno che mi passava le uova “tiepide” perché io le infilassi nel frumento della madia. E ora che la vita ci ha costretto a odiose solitudini ho preso in mano la zappa e dissodo la terra dietro casa per preparare l’orto. E non sento neppure fatica e mi sembra la cosa più bella del mondo…..
Sandra Petrignani
Grazie, Daniela, come capisco…