E/o, storia di una casa editrice innamorata (IlFoglio, 23/2/22)
Il libro s’intitola L’editore presuntuoso (e/o, 250 pagine,10 euro), ma non direi che Sandro Ferri, l’autore-editore, lo sia. A meno di non considerare presunzione la giusta fierezza per un’impresa riuscita. Un’impresa, oltretutto, particolarmente difficile, e oggi più che mai: fondare e soprattutto far fiorire una casa editrice indipendente in mezzo a un oceano culturale che non sta vivendo il suo momento migliore. L’impresa si chiama e/o, nata nel 1979, e conta su un catalogo di narrativa italiana e straniera di tutto rispetto con punte di clamorosi successi, quei best-seller che permettono a un editore di non sprofondare nei debiti e garantiscono l’esistenza ad altri libri, magari a volte addirittura fra i più interessanti, ma trascurati dai grandi numeri. E ricordiamoli dunque questi best-seller, che non sono comunque roba per incolti renitenti alla lettura da abbindolare e convincere a comprare un oggetto di carta pieno di parole. Sono invece la lenta e inesorabile crescita (dal 1992) di un’autrice diventata di culto, Elena Ferrante; sono l’invenzione del noir mediterraneo con le punte di diamante Massimo Carlotto e Jean-Claude Izzo (di cui e/o ha pubblicato anche la biografia di Stefania Nardini, Storia di un marsigliese); sono quello strano, inclassificabile romanzo, impressionante già dal titolo, Amabili resti, di Alice Sebold; e sono, nel 2007, il caso travolgente de L’eleganza del riccio di Muriel Barbery e, più di recente, il Cambiare l’acqua ai fiori di Valery Perrin, seguito da Tre con esiti non altrettanto spettacolari, a dimostrazione, come insiste Sandro Ferri nel suo libro, che un editore serio punta sugli autori e sulla convinzione che gli viene dai testi, e poco o nulla può sulla previsione a tavolino di un primo in classifica. Ricordo che tanti anni fa mi consigliò di leggere con contagioso entusiasmo un romanzo di Benjamin Tammuz, di cui stava pubblicando varie opere. Era Il minotauro, e non ho mai smesso di essergliene grata. Senza dimenticare che e/o è la casa editrice di autori come Wolf, Hrabal, Brandys, Hein, e di grandi riprese come quella di Pynchon…
Ma al di là dell’analisi di un catalogo fortunato, questo Editore presuntuoso è di per sé un libro avvincente e molto bello. Perché dispiega con sincerità poco diplomatica (per fortuna) un punto di vista limpido sull’editoria italiana, i premi letterari e lo strapotere cieco del marketing, ma è insieme una grande storia d’amore. Sì, perché Sandro non è stato mai solo nel realizzare il suo sogno: ha sempre camminato in una squadra compatta composta da lui e Sandra Ozzola, sua moglie, in una invidiabile sintonia di visione e sentimento. Poi alla coppia si è unita la figlia, Eva, con la prepotente energia di una generazione nuova in sintonia con tempi diversi. Così diversi i tempi che il libro, verso la fine, si tinge di una contenuta malinconia. Sandra e Sandro passeranno presto la mano: «Siamo stanchi… Social, audiolibri, influencer, nuovi stili e interessi, mentalità… Non riusciamo a stare al passo, e forse nemmeno ci interessa più tanto. Abbiamo fatto la nostra vita e siamo vissuti in un mondo che sa sparendo…» Però, prima, Sandro ci accompagna in giro per la sede romana della casa editrice presentando una per una le persone che ci lavorano, e poi in quella aperta a New York dove si scopre che non si è trattato di un freddo calcolo commerciale, ma che – ancora una volta – la spinta profonda era sentimentale, perché sua madre è nata in quella città, figlia di emigrati: «Amo New York, amo la metro, amo che sia il posto dove è cresciuta mia madre». Dunque grazie a e/o di esistere.