Il dolore dei bambini (Foglio, 4/3/22)

Il dolore dei bambini (Foglio, 4/3/22)

Polina

Fra i bambini già morti nell’Ucraina assediata da Putin, una di sei anni ferita in modo irreparabile sotto un bombardamento a Mariupol, e di cui non si sa il nome, è stata ribattezzata “la bambina dal pigiama con gli unicorni rosa”. I medici non hanno potuto fare niente per lei, e quegli unicorni rosa non diranno molto a chi non ha dimestichezza coi bambini, soprattutto con le bambine di oggi. Vanno pazze per gli unicorni: li vogliono stampigliati su vestiti, zainetti, magliette, si mettono fra i capelli cerchietti con quell’unico magnifico corno attorcigliato, emblema appunto della creatura leggendaria e magica dalla folta criniera rosa che si muove nei loro libri illustrati come in tanti amati cartoni televisivi. Quella bambina ucraina aveva dunque il suo pigiamino, i suoi unicorni, la sua piccola vita normale come tanti bambini in tutto il mondo. Come la Polina di Kiev dai capelli frezzati di rosa (ancora una volta in omaggio agli unicorni), che nei giorni scorsi sorrideva mostrando sassi colorati in fotografie che riempivano i giornali. Uccisa a dieci anni dai proiettili russi mentre era in macchina con fratelli e sorelle. E poi ci sono i bambini che sopravviveranno all’inspiegabile sanguinoso sovvertimento della loro routine con conseguenze psicologiche insondabili.

È impossibile di questi tempi leggere il commovente, dolorosissimo libro di Titti Marrone Se solo il mio cuore fosse pietra (Feltrinelli, 240 pagine, 17,50 euro), senza stabilire un parallelismo con quanto stiamo vivendo. Vi si raccontano le conseguenze emotive e comportamentali dei bambini sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti: venticinque ragazzi fra i quattro e i quindici anni, reduci dai lager, che nel 1945 per iniziativa di due psicoanaliste, Anna Freud e di Alice Goldberger, furono radunati e curati in una grande villa di campagna a Lingfield, in Inghilterra, per cercare di restituirli a una vita normale. È un romanzo quello di Titti Marrone, ma racconta una storia vera e si basa su ricerche d’archivio, cosicché molto meglio di un saggio ci porta dentro l’anima ferita dei bambini, dentro il danno a volte irreparabile che la crudeltà degli adulti compie su vittime totalmente innocenti, devastando il loro sacrosanto diritto alla pace, al gioco, all’armonia con gli altri. Sono venticinque storie uguali e diverse, perché se il dolore è unico, le reazioni sono fantasiose e legate al proprio vissuto precedente, al carattere, alla capacità di reazione. «Ciascun bambino era un mondo a parte, con la sua costellazione di traumi dominata da un nucleo centrale». Certo bambini che hanno avuto esperienza di reclusione, fame, persecuzione, separazione dai propri cari vanno oltre il pensabile, oltre il “semplice” orrore di una guerra. E i terapeuti che si muovono nel libro, come è accaduto nella realtà, sono esploratori che analizzano sospiri e disegni, reazioni abnormi e mozziconi di parole e tentano strade differenti e persino improvvisate per restituire a creature spezzate una nuova fiducia nella vita.

Titti Marrone

Ci sono i bambini, piccolissimi, che vengono da Terezin e se ne stanno abbarbicati gli uni agli altri a grappolo, quelli che s’impadroniscono del pane e vanno a nasconderlo senza rendersi conto che ora ne hanno quanto ne vogliono, e il ragazzino che si rifà torturando animali più inermi di lui, e quella che parla al suo peluche chiedendogli ossessivamente: «Mi vuoi bene? Starai sempre con me?», e quelli che andranno in adozione perché i nazisti hanno sterminato genitori e parenti, e non è detto che saranno adozioni felici…

In condizioni normali non c’è nessuno che non giudichi intollerabile il dolore di un bambino. Poi scoppia una guerra, e il potente di turno che l’ha dichiarata si scopre essere un uomo che ha avuto un’infanzia infame, un disturbato. E magari, senza nemmeno saperlo o credendo addirittura il contrario, i bambini li odia, perché odia il bambino che è stato, forse odia persino l’uomo che è diventato. Ma non lo sa. E a qualcuno deve farla pagare.

 

 

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