Barrera e la maternità (Il Foglio, 29/4/22)

Barrera e la maternità (Il Foglio, 29/4/22)

Jazmina Barrera

«Un giorno mi rendo conto della quantità di libri, film, canzoni e storie sull’agonia e la morte che esistono. Innumerevoli racconti sulla morte, e così poche storie di parto e di nascita», con queste parole s’interroga sullo strano caso la messicana Jazmina Barrera, nata nel 1988, nel suo libro Linea nigra (tradotto adesso da Federica Niola per La Nuova Frontiera, 170 pagine). E cercando una spiegazione s’imbatte in Ursula K. Le Guin che in Fisherwoman’s Daughter spiega con dispiacere quanto le donne si siano adattate a scrivere «su quello che gli uomini sono disposti a sentire [rispetto a] come si sperimentano nel corpo e nella mente e nell’immaginazione femminile», e Le Guin aggiunge a mo’ di incitazione: «Dobbiamo riscrivere il mondo».

Barrera, interessante scrittrice che non ama il romanzo, ma cerca un genere nuovo fra memoir e saggio, il mondo ha cominciato a riscriverlo già con Quaderno di fari (pubblicato sempre da Nuova Frontiera l’anno scorso e ora fra i dieci finalisti del premio von Rezzori accanto, per dire, a Yasmina Reza e Javier Marías…). E continua a riscriverlo raccontando nella Linea nigra la storia della sua gravidanza e primi mesi del figlio. Racconto che scava nei dettagli, nelle emozioni, nei terrori come nella felicità di quella condizione speciale e poco descritta che si riverbera in nove mesi di attesa e nella rivoluzione copernicana di ritrovarsi madre, a nutrire un’altra creatura col proprio latte, diventare due dopo essere stati due in uno, e cose grandiose di questa portata. Cose grandiose sì, ma che non sono mai state considerate abbastanza serie, importanti, decisive da essere prese in considerazione per farne letteratura. E devo dire che, mentre leggevo appassionatamente questo libro, mi sono chiesta: quanti uomini avranno il desiderio di leggerlo? Meglio: quanti di loro penseranno imprescindibile leggerlo? Quanti proveranno anche solo curiosità per un’esperienza fondamentale, ma che a loro è preclusa? E il racconto del mondo per gli uomini, lo sappiamo bene, è interessante quando riguarda ciò che li riguarda. Come non fossero nati da un corpo di donna anche loro.

E come se non si trattasse di un libro per niente scontato, ma anzi pieno di scoperte e suggestioni letterarie. Quando per esempio la condizione gravida suggerisce a Barrera una spericolata relazione col celebre racconto di Maupassant, L’Horla: tema del doppio persecutorio e vampiresco che le scrittici raramente hanno frequentato, ma ecco qui uno spunto intrigante. O quando cerca di capire da dove provenga il latte materno ed ecco cosa scopre (a proposito di vampiri): «…il latte materno è sangue filtrato. Sangue che circolava nelle vene e che poi si è trasformato in latte. Lo racconto e quasi nessuno lo sa. Ma devono saperlo, devono saperlo tutti».

Come devono sapere il dolore del parto. Molto raccontato anche da grandissimi scrittori, certo, ma dall’esterno, con classica puerpera sofferente attaccata alle sbarre del letto, sudata e sanguinante. Barrera scende nei dettagli dei suoi personali ricordi. «Il dolore era tremendo, ma non come immaginavo». E come nemmeno il lettore che non l’ha mai provato poteva immaginarlo. Ma dopo la lettura di queste pagine sì, sembra quasi di aver partorito mano nella mano con l’autrice, di aver provato con lei quel dolore «infinito» per lasciarsi andare stremati a sottoscrivere: «Non avevo mai provato così tanto dolore, così tanta paura e così tanta stanchezza in vita mia» ascoltando O Leãozinho di Caetano Veloso magari o ripensando all’invidia della sterile Virginia Woolf per la prolifica amica Vita Sackville-West, secondo lei anche per questo «una vera donna».

Forse è vero che «è impossibile essere originali se si scrive sulla maternità. Siamo in tantissime e le nostre esperienze hanno tutto in comune», eppure Barrera è riuscita, con la forza di un semplice diario, a riscriverlo questo pezzetto di mondo sempre relegato fra umili mura domestiche. È riuscita a fare epopea di qualcosa che credevamo scontato. E non lo era per niente.

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