Infanzia di uno scrittore (IlFoglio, 23 giugno ’23)
A che età un bambino riconosce una vocazione? E in particolare la vocazione di scrittore? Paolo Di Paolo l’ha riconosciuta prestissimo e lo racconta in un libro curiosamente “giovane” perché innovativo nell’approccio e nell’aspetto, col classico espediente delle parole ma anche con tante idee grafiche che alle parole s’alternano e nelle parole s’insinuano. Di Paolo, “splendido quarantenne” che ha già avuto parecchio successo nel campo della sua antica aspirazione artistica, non è nuovo a queste idee: in altri tempi si sarebbero forse dette sperimentali, oggi sentono l’influsso dei fumetti e delle immagini in rete. Comunque, appartenendo io a una generazione che preferisce andare su piste collaudate, personalmente ho seguito soprattutto il filo del racconto classico nelle 158 pagine del suo colorato Trovati un lavoro e poi fai lo scrittore (*il consiglio che non ho seguito), edito da Rizzoli. E meno male che non l’ha seguito il consiglio di genitori allarmati dalle ambizioni di un figlio che passava l’infanzia col naso dentro ai libri, invece di unirsi agli altri bambini a fare lo scavezzacollo. Quell’allarme dettato dalla convinzione che la via artistica condanna alla povertà e alla sconfitta, perché solo pochi ce la fanno, è forse ormai un’idea superata ma dura a morire.
Così il tenero Paolo, come tanti altri della sua specie, leggeva L’isola di Arturo e non sapeva con chi condividere il proprio entusiasmo (alla fine lo trova, quel qualcuno, nella madre a cui la fece scoprire lui, Morante, non viceversa), e poi – udite udite – s’innamorava anche di un cult per “giovani lettrici crescono” da cui i maschi si allontanavano in genere schifati: Piccole donne! Ed è anche per questa sua passione onnivora, che non fa mai questione di genere, se ho subito provato simpatia per un giovanissimo Di Paolo che all’inizio della sua carriera letteraria andava intervistando scrittrici e scrittori per saperne di più, per vederli da vicino forse, per entrare nell’ambiente letterario col semplice gesto di bussare alla porta.
E venne anche da me, e ora quella vecchia intervista è raccolta nel libro pubblicato da Perrone, La fine di qualcosa, e mi trovo descritta così: «con lo sguardo di chi sembra sempre un po’ soprappensiero». Ci ha preso in pieno, lo ammetto. E già questa è una dote da scrittore che non disdegna il lavoro giornalistico e che sa passare dalla narrativa alla saggistica, al libro di viaggio, alla scrittura per i bambini, alla biografia con la disinvoltura di uno che i generi non li separa ma li scavalca, li utilizza per arrivare al punto, il punto del sapersi raccontare.
Ora con Trovati un lavoro e poi fai lo scrittore ha scelto l’autobiografia, che dichiaratamente o meno, serpeggiava in molti suoi libri precedenti. Ed ecco il ritratto dell’artista da giovane, anzi da bambino, che nelle fotografie raccolte nel volumetto vediamo già con gli occhiali di chi si è sforzato troppo a leggere, ma anche a disegnare, a scrivere con qualsiasi pretesto, a inventare giornalini di classe, e a utilizzare tutto, ma veramente tutto, dal Tonio Kröger di Thomas Mann a un “menù del giorno” bizzarramente riflessivo, per realizzare il sogno di raccontare e raccontarsi. E la cosa forse più intrigante è che un tale autoritratto nasca da una sconfitta: la scoperta in rete del seguente annuncio di un certo giovanissimo Axel, costretto dall’insegnante a comprarsi un libro di Di Paolo: «Vendo libro originale di Paolo Di Paolo per inutilizzo». E speriamo allora che Axel scopra quel che ha suscitato e si decida, attratto magari dall’originalità dell’impostazione grafica, a leggersi Di Paolo, e magari anche qualcuno dei tanti romanzi meravigliosi di cui questo libro parla.