Le canne più vecchie del mondo (letto in piazza a Lallio, prov. Bergamo il 16 sett. ’23)

Le canne più vecchie del mondo (letto in piazza a Lallio, prov. Bergamo il 16 sett. ’23)

(Alla memoria di Paolo Donati e del suo amore per la musica e con un ringraziamento particolare per l’organista Gabriele Catalucci)

 

Quando si levò il suono dell’organo in quella piccola chiesa di campagna, Tonio alzò meccanicamente gli occhi in alto a cercarlo. Dovette girare indietro la testa e lo vide maestoso sopra la porta d’ingresso. Vide tre ordini di canne a disegnare tre triangoli. Tornò a guardare in avanti, ma adesso si era messo a prestare attenzione. Certamente Bach, si disse. Non aveva a portata di mano un programma, era venuto a Messa controvoglia, non si era preoccupato di prenderne uno all’ingresso e ora non voleva disturbare gli altri per farselo dare.

 

Da quanto tempo non aveva sentito suonare un organo dal vero, in una chiesa? Erano stati gli amici a insistere, era la notte di Capodanno. Andiamo alla Messa di mezzanotte, aveva proposto qualcuno. E lui: ma no, fa freddo. Ma quale freddo, dai andiamo, aveva detto sua moglie. Sembravano tutti eccitati e Tonio il solito bastian contrario. Quindi, d’accordo, andiamo alla Messa di mezzanotte, anche se nessuno di noi ha una motivazione seria, religiosa, per andarci, pensava. Perché lui, che non credeva in niente, credeva però nella serietà delle scelte. Si va solo ad ascoltare il concerto, gli disse sottovoce, come a rassicurarlo e garantirgli complicità, uno degli amici. Aveva già su il cappotto. E così era andato, una breve passeggiata a piedi, leggermente in salita, tanto per digerire il cenone, si disse, e subito erano in mezzo alla piccola fila di gente che stava entrando. Ma non aveva preso il programma all’ingresso. Non che ne avesse bisogno, aveva ascoltato musica per organo per tutta l’infanzia. Per quanto sempre distrattamente e con noia evidente. Ma era una musica che gli era rimasta conficcata dentro. Anche a non cercarla, a volte esplodeva e riaccendeva ricordi.

Notre-Dame de Valère

Come adesso che improvvisamente Tonio non si trovava più nella chiesetta di provincia con i suoi amici, ma a Notre-Dame de Valère, in alto sulla città di Sion, nel cantone vallese della Svizzera. Il padre, quella volta, l’aveva portato con sé. Era eccitato. «Le canne più antiche del mondo» continuava a ripetere facendo la valigia. Le canne più antiche del mondo. E lui sbuffava. Ma poi era stato contento. Di andarsene solo per la collina a guardare il castello di fronte mentre il padre studiava quell’organo insolito preparandosi al concerto. Le canne più antiche del mondo. Era questo che piaceva a suo padre, e il suo strano mestiere che lo isolava dal mondo, tanto il suo di mondo era destinato alla scomparsa e anche lui sarebbe scomparso presto, ma questo non lo sapeva. E lo avesse saputo Tonio, che al ritorno da quel concerto il padre si sarebbe ammalato, se avesse potuto immaginare quanto poco tempo gli rimaneva, forse gli si sarebbe rincantucciato accanto dentro Notre-Dame de Valère, all’ombra dell’organo dalle canne più antiche del mondo ad ascoltare in silenzio e con commozione «in compagnia delle candele» come diceva il padre, invece di andarsene nell’erba come un pazzo a tirare sassi giù per il pendio e a non vedere l’ora di tornarsene a casa.

Una gioia improvvisa arrivò con quel ricordo, come una riconciliazione attesa da tanto. In compagnia delle candele che tremolavano intorno anche a lui che non suonava l’organo, in un’altra chiesa e in un altro tempo. Ma la musica era la stessa, era Bach, ne era assolutamente certo, il preferito di suo padre. E ora non si sarebbe annoiato mai più ad ascoltare il suono di canne e tastiere e pedali rumorosi che facevano piovere dall’alto, sulla terra, la musica del cielo. Era un saluto per lui, per lui soltanto, e Tonio lo accolse seduto sulla panca e sorridendo, sentendosi misteriosamente leggero. E, sì, era finalmente felice e in pace con se stesso.

 

 

 

 

FacebooktwittermailFacebooktwittermail
No Comments

Post a Comment