Unico Gerry (IlFoglio 1/2/25)

Unico Gerry (IlFoglio 1/2/25)

Gerald Durrell

La principessa Anna d’Inghilterra scrive di lui: “Gerald Durrell è stato un uomo d’eccezione, non soltanto per la sua straordinaria abilità con le parole che emozionano i lettori trascinandoli dal riso alle lacrime, dalla disperazione alla gioia con il suo profondo rispetto della natura, ma anche per il suo impegno concreto nel rendere il mondo un posto migliore per tutti gli esseri viventi fin nei più selvaggi luoghi dove si sono insediati. Ha creato uno zoo unico nel suo genere e un’associazione di raccolta fondi con uno specifico scopo in mente: salvare le specie dall’estinzione e rendere le persone consapevoli di quanto sia importante farlo”. Lo scrive, firmandosi semplicemente Anna, nella nota introduttiva a un nuovo libro di Gerry Durrell, Myself and Other Animals, che raccoglie brani inediti e no e che è appena uscito in America e in Inghilterra in occasione del centenario della nascita del grande naturalista (7 gennaio 1925), curato dalla molto più giovane vedova, Lee Durrell, con la speranza che il libro “riaccenda l’attenzione dei lettori sul suo lavoro e la sua missione, attraverso le parole che non ha mai smesso di scrivere finché ha avuto vita”, ha dichiarato in un’intervista.

Si tratta infatti delle memorie che stava buttando giù disordinatamente e che la moglie è stata abile a completare servendosi anche di altri scritti sparsi meno noti. Ci si ritrova tutta la vivacità che i lettori di Durrel ricorderanno nelle opere precedenti – abbondantemente tradotte in italiano da vari editori ma soprattutto da Adelphi e Neri Pozza – il suo amore per gli animali più diversi, dai comuni cani, gatti, asini ai più strani e mai visti o sentiti, e la figura indimenticabile della madre cui era legatissimo pur essendo stato fin da giovane un giramondo.

In Italia Io e altri animali uscirà entro l’anno da Adelphi, nel cui catalogo si trova anche l’opera più famosa, La mia famiglia e altri animali, del 1956, un delizioso libro autobiografico che hanno letto moltitudini di adolescenti nel mondo e chissà in quanti avranno deciso di iscriversi a Scienze Naturali specializzandosi in zoologia per seguire l’affascinante esempio del suo autore. È la storia della sua precoce vocazione in un’allegra, bizzarra famiglia senza padre, morto prematuramente, una madre originale e accogliente, due fratelli litigiosi, una sorella sempre a dieta, naturalmente lo stesso Gerry che è il più piccolo, il grosso cane Roger molto partecipe a tutti gli eventi, l’affettuosissima gatta Luna, e di un improvvisato trasferimento di tutti loro dall’Inghilterra a Corfù dove restano quattro anni, fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. E quando passano la dogana, vengono censiti come “un circo ambulante al completo”.

È nell’isola greca, in uno scenario idilliaco, che il desiderio di Gerry si era precisato e, nel tempo che vi aveva trascorso, dai dieci ai quattordici anni, era riuscito a mettere insieme un vero e proprio zoo composto da altri cani, invadenti pennuti, pesci irrequieti, un’ampia schiera di tartarughe, vari insetti e sinuosissimi serpenti, che porta in casa alla stregua di animali domestici con varie esilaranti conseguenze, e che poi trasferisce con sé in Inghilterra. Corfù è al centro anche del Giardino degli dei e de L’isola degli animali (entrambi nel catalogo Neri Pozza). Si apre, il secondo, con una vivacissima riunione di famiglia, in cui – a parte la madre accomodante – i fratelli si disperano perché Gerry spiffera i fatti loro in tutto ciò che scrive. E quando il fratello maggiore cerca di calmare le acque facendo un elenco di fatti buffi che per fortuna ancora non sono stati divulgati, Durrell è costretto ad ammettere: “Ho deciso di scrivere un altro libro su Corfù utilizzando proprio tutti questi episodi”.

La statua di Durrell al Jersey Zoo

Del resto fra i tanti volumi che ha scritto molti raccontano, sempre con notevole humour le sue divertenti relazioni con i familiari, accanto a quelle realmente centrali con gli animali: salvati, protetti, messi al sicuro da imminenti estinzioni, guardati e descritti nei loro lati segreti, spesso comici, sospettosi, affettuosi, prudenti, romantici, irrequieti, alla fine sereni e conquistati da quest’uomo bizzarro che li studia e comprende come nessun altro. Nel 1958 fonda il Jersey Zoological Park, nell’isola del Canale della Manica dove aveva finalmente trovato una sede adatta, che dopo qualche anno si trasforma nel Jersey Wildlife Preservation Park – per sottolinearne l’intento di salvare specie a rischio estinzione. È tuttora attivo, gestito dal Durrell trust, che continua la missione dello straordinario naturalista, da quando è scomparso trent’anni or sono, alla fine del gennaio 1995. Viene il sospetto che, quando in Storie di animali e di altre persone di famiglia (Neri Pozza) – il cui titolo inglese è però Marrying Off Mother and other Stories, del ’91- scrive: “Queste storie sono vere, o, per essere rigorosamente esatti, alcune sono vere, mentre altre hanno un nocciolo di verità e un contorno di fantasia”, lo faccia più che altro per placare gli amici e i parenti che ci sono finiti dentro contribuendo a far ridere il lettore…

Era nato in India, da padre e madre inglesi, e cresciuto prevalentemente a Londra. Nelle Storie del mio zoo (Adelphi) che è del ’64, dice già, come racconta più dettagliatamente nella nuova autobiografia postuma, che la consapevolezza di avere un giorno uno zoo tutto suo si era manifestata intorno ai sei anni. “Gli amici e i parenti – che da un bel pezzo mi ritenevano un po’ tocco per il fatto che non manifestavo nessun interesse per tutto ciò che non fosse provvisto di pelo, penne, squame o guscio – la prendevano come un’ulteriore dimostrazione del mio precario stato mentale”.  Familiari che però non esitavano a farsi coinvolgere, come quando più avanti negli anni, dopo vari viaggi in giro per il mondo alla ricerca delle sue “prede”, le sistema nel giardino della sorella, andata a vivere in una cittadina del Dorset, con la promessa di lasciargliele per poco, soltanto il tempo di trovare una sede per gli animali in costante aumento. Naturalmente il tempo si allunga parecchio, ma alla fine, complice la prima moglie, Jacquie (con il suo stesso pallino: “allevare ceppi di animali rari”), fu scovato un ideale paradiso nell’isola di Jersey.

Con la madre Louise

Pur non avendo fatto studi regolari, ha la fortuna di imbattersi in dotti intellettuali che, attratti dall’originalità di quel ragazzo indubbiamente intelligente oltre che appassionato, gli fanno da maestri. Sono in genere amici del fratello maggiore, Larry, che ha tredici anni più di lui ed è un lettore forte: invece di collezionare animali vivi, colleziona libri. Fisicamente si somigliano molto. Diventerà lo scrittore Lawrence Durrell, grande irregolare, autore scabroso del Libro nero (Guanda) e del celebrato Quartetto di Alessandria (Einaudi), di poesie e di molti libri di viaggio. Sono entrambi piuttosto corpulenti (sicuramente amanti della buona tavola e del buon vino), hanno visi larghi, occhi chiari e simpatici nasi a patata. Ma se pur fissato con il regno animale che descrive con una verve capace di farti affezionare persino a una biscia o a un insetto raro, Gerry non è secondo al fratello quando compone le sue storie autobiografiche. Ha una scrittura limpida ed elegante, spiritosissima, e la forza di spingersi in un mondo talmente raro e sorprendente da sfiorare la fantascienza e il fantasy.

E poi, per chi ama gli animali, è semplicemente irresistibile.

Quando, per esempio, in Io e i lemuri (Adelphi) s’imbatte in un aye-aye (un lemuride unico nel suo genere) lo descrive così: “Sembrava un incrocio fra ET e il gatto nero di una strega di Walt Disney”. L’animaletto gli si avvicina avanzando sui rami fino a trovarsi faccia a faccia con lui, e mostrando “tondi occhi ipnotici che lampeggiavano, le orecchie a cucchiaio che ruotavano indipendentemente l’una dall’altra come riflettori parabolici di un radar, le vibrisse bianche che si torcevano vibrando come sensori; le mani nere dalle dita sottili e affusolate, il medio prodigiosamente lungo”. Solo che, dopo averne esaminato barba e capelli “con la delicatezza di un barbiere”, l’aye-aye è attratto da un orecchio di Gerry in cui spera di trovare le larve di cui è ghiotto e allora “con incredibile cautela, vi infilò il dito sottile. Mi rassegnai alla sordità”. Invece va tutto per il meglio. Quell’essere “sorprendente e complesso” che vive in Madagascar, dove è avvenuto l’incontro, si allontana senza far danno, mentre a Durrell non resta che capire come riuscire a catturarlo e a salvarlo dall’estinzione. Cosa in cui, alla fine del libro effettivamente riesce ricreando a Jersey il suo habitat e rendendolo felice fra gli altri animali dello zoo, che non va certo immaginato come uno zoo qualunque dove le povere bestie sono chiuse in gabbie risicate. Jersey è semplicemente una grande famiglia di umani e animali piena di scambi, libertà e tenerezze.

Gerry bambino

Prendiamo Trombi, per esempio, dalle Storie del mio zoo. E’un uccello che “sembra, per essere sinceri, un pollo mal riuscito, avvolto in un tetro piumaggio deprimente come un lutto vittoriano. Ha gli occhi scuri e liquidi e un’alta fronte bombata, indice di un cervellone che non ha”. Per gli ornitologi si tratta di un raro Psophia crepitans. Il nome Trombi deriva dal fatto che è “un trombettiere, fermamente convinto – per ragioni note a lui solo – che tutti i santi giorni sia suo primo dovere volare nella mia camera e informarmi di ciò che è successo nello zoo durante la notte”, sperando anche “di farsi dare una grattatina sulla testa”.

Più avanti nello stesso libro ci s’imbatte, fra leoni, pinguini, tartarughine e altri rettili, in una delle creature più tenere allevate da Durrell, la scimmietta Topsy, trovata abbandonata in un angolo di un negozio di animali perché ammalata di enterite. Allo zoo viene guarita e persino, diciamo, psicanalizzata, perché Gerald comprende presto quanto la resistenza a farsi curare e un’inconsueta paura per gli esseri umani derivava dalle terribili esperienze che doveva aver vissuto. Che fare? “Ci balenò un’idea: se Topsy non accettava noi come genitori adottivi, forse avrebbe accettato qualcos’altro; perché non provare con un orsacchiotto di pezza?” La cosa funzionò oltre ogni aspettativa. Avvinghiata all’orsacchiotto come alla mamma, la scimmietta diventò mansueta e poté essere lavata e curata fino a completa guarigione e crescendo abbastanza da preferire i suoi simili ai peluche.

Ma anche quando parla semplicemente dei suoi cani, o della gatta Mimì, come nel capitolo “Dogs in my Life” nel testo di prossima pubblicazione Myself and Other Animals, Durrell riesce a trasformare i loro comportamenti in qualcosa di favoloso di cui difficilmente ci si può dimenticare: da Simon, il cocker spaniel della sua infanzia, il più codardo dei cani, che riusciva a temere anche i pupazzi di neve, al grosso Roger che impara a pescare, all’ultimo, il boxer Keeper, che negli otto anni di vita avuti in sorte non ha invece mostrato nessun timore, anzi solo un’estrema benevolenza verso ognuno degli stravaganti animali del vasto serraglio messo insieme nel tempo dal suo adorato padrone.

Ed è forse meglio avvertire i lettori che sarà difficile, dopo la lettura anche di uno solo di questi libri avventurosi, non correre a fare la propria donazione al Durrell Wildlife Conservation Trust che porta il nome di un uomo – inimitabile e a suo modo eroico – che si stupiva enormemente per il fatto che “tanta gente, in varie parti del mondo, sembra non accorgersi della vita animale che la circonda… e tutto ciò che vede è un paesaggio sterile”, mentre invitava a riflettere: “Gli animali sono la grande maggioranza che non ha diritto di voto né voce e possono sopravvivere soltanto grazie al nostro aiuto”.

 

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