La più premiata (ilFoglio, 22/10/25)

La più premiata (ilFoglio, 22/10/25)

Nella prima settimana di dicembre si conclude l’anno dei grandi premi letterari col consueto appuntamento alla fiera PiuLibriPiùLiberi, che si tiene alla Nuvola di Roma dal 4 all’8. E si conclude proprio col più giovane, ma anche il più ricco dei grandi premi, il Magis, nato da un’idea dello scrittore Sebastiano Nata capace di trovare un convinto sponsor in Bancomat. La giuria è composta interamente da critici e scrittori, venti in tutto, un po’ come lo Strega agli inizi, e il presidente è Marco Lodoli. Due sezioni: scrittori affermati e esordienti. Ma a distinguerlo è soprattutto l’impegno umanitario. Devolve infatti 250 mila euro a cinque organizzazioni impegnate nel campo dell’istruzione primaria e dell’imprenditoria femminile in zone disagiate. Il vincitore ne ottiene 10 mila e l’esordiente più votato 4 mila. E hanno entrambivoce in capitolo, almeno in parte, sulla destinazione del denaro destinato inbeneficenza.

Allo Strega dove la Feltrinelli ha sbaragliato con L’anniversario di Andrea Bajani un’avversaria rizzoliana degnissima come Elisabetta Rasy si sono sentite le solite divisioni in due partiti per il dichiarato rammarico di Wanda Marasco rimasta fuori col suo Di spalle a questo mondo (Neri Pozza)dalla cinquina finale. Poi però si è rifatta vincendo il Campiello. E non solo. È forse l’autore che quest’anno, finalista in almeno tredici competizioni, ne ha vinte di più: il premio Costa Smeralda, quello dei Lettori Lucca-Roma, il nuovissimo Girifalco (in Calabria), e ora è in gara al Manzoni, a Lecco, dedicato ai romanzi storici.

Sì, Di spalle a questo mondo è un romanzo storico, ma per certi libri l’etichetta non serve, anzi è persino sminuente. Marasco s’innamora di personaggi maschili “incrinati”, come li definiva Grazia Deledda, turbati nella psiche fino alla pazzia. Nel precedente Il genio dell’abbandono (sempre Neri Pozza) si trattava dello scultore Vincenzo Gemito; qui il personaggio centrale è il medico Ferdinando Palasciano, strettamente legato alla figura della moglie zoppa Olga Vavilova. Si muovono in una verosimile Napoli ottocentesca che risuona nell’affacciarsi discreto e comprensibile del dialetto. Le loro vite sono strettamente legate alle vicende risorgimentali della città, ma non è solo la trama che conta. Di più conta la sproporzione fra i desideri di risanamento del prossimo che abitano Palasciano (non sopportava l’idea che non si dovessero curare anche le ferite del nemico sul campo, per dire) e la miseria del fattibile. Conta l’impossibilità di realizzare i sogni. Contano il dolore del fallimento e i limiti della nostra mente. Insomma complimenti al Campiello che ha avuto l’originalità di scegliere quest’anno storie lontane dalla forma romanzo più usurata e autori inconsueticome Marco Belpoliti e Monica Pareschi, Alberto Prunetti e Fabio Stassi. Poi la giuria “popolare” si è orientata verso il libro che più degli altri ha le sembianze del romanzoromanzo di ottocentesca memoria, ma meno di quel che sembra, dentro – com’è – una gabbia modernamente “filosofica”.

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