Il vero e il falso da CAMILLERI a PAMUK (Immaginazione 295, settembre)

Il vero e il falso da CAMILLERI a PAMUK (Immaginazione 295, settembre)

Luca Zingaretti nei panni del commissario Montalbano

Luca Zingaretti nei panni del commissario Montalbano sullo sfondo di Ragusa Ibla

Mi è capitato recentemente di trovarmi a Ragusa. Mentre scarpinavo sotto il sole rovente sulle tante scale che mi portavano a Ibla e mi rifocillavo con un delicatissimo gelo al limone o una granita di latte di mandorle scoprivo che l’itinerario più richiesto dai turisti italiani e stranieri non era esattamente il mio, ma quello che porta verso il mare, e non tanto per fare il bagno, ma per visitare certi luoghi dove erano stati girati alcuni episodi del Commissario Montalbano e dove, in particolare, il celebre personaggio di Andrea Camilleri aveva dormito, nuotato, mangiato. Pare che un alberghetto da niente e un piccolo ristorante sulla costa siano, dopo la celebre serie televisiva, diventati luoghi di charme dove la gente ama mangiare e dormire come il suo eroe di carta e pixel. C’è addirittura un tour in pullman che garantisce in una giornata il giro completo dei luoghi cari al commissario o teatro delle sue gesta, da Ragusa Ibla a Punta Secca, dalla fantasmatica Vigata (Porto Empedocle) alla realissima Scicli. A proposito di Porto Empedocle, lo scrittore ha concesso alla città che, nei cartelli di benvenuto, l’intestazione compaia proprio come Vigata (parola che viene dal nome del cortile scolastico che frequentava da piccolo). Tutto ciò ha naturalmente cambiato la sorte di alcuni imprenditori locali, e ce ne rallegriamo.

 

Andrea Camilleri

Andrea Camilleri

La letteratura fa di queste magie. Trae spunto dalla realtà, la modifica, la reinventa e in certi casi addirittura la crea dal niente. Nel senso che a una storia inventata può capitare di diventare reale. Chi a Ragusa va in piazza Duomo o al Circolo della Conversazione non perché sono fra i luoghi più carichi di storia e di bellezza della città, ma perché «c’è stato Montalbano», stabilisce con la vita e con la letteratura un particolarissimo rapporto di fascinazione, credulità, illusione che un autore non poteva prevedere e che sicuramente sconcerta prima di tutto lui stesso, per il potere sciamanico che gli viene restituito in tempi in cui questo potere è stato messo all’angolo o dimenticato. Il potere, appunto, di rendere reale l’immaginazione.

 

Orhan Pamuk

Orhan Pamuk

Un caso piuttosto particolare di questo processo è avvenuto con un romanzo di Orhan Pamuk, Il museo dell’innocenza (Einaudi, 2008). Lo scrittore turco, premio Nobel nel 2006, ha raccontato di aver raccolto gli oggetti presenti nella sua storia mentre scriveva il libro, quasi che, a volte, senza avere fra le mani le cose da descrivere, la composizione s’inceppasse. Il museo dell’innocenza è una struggente storia d’amore profusa di hüzün, quella forma precisa di malinconia che i portoghesi chiamano saudade e si svolge in una Istanbul prevalentemente notturna. La passione travolgente fra Kemal e Füsun s’interrompe quando lui si sente obbligato a sposare la sua fidanzata ufficiale. Verrà il pentimento e, per possedere l’amore perduto, a Kemal non resterà che collezionare ossessivamente gli oggetti che hanno punteggiato la sua travolgente storia d’amore. Ma lo straordinario di tutta la vicenda è che la “follia” compositiva di Pamuk il museo l’ha creato sul serio. Il Museo dell’Innocenza è oggi un visitatissimo edificio di Istanbul, che contende presenze alle vecchie istituzioni della città, il Palazzo Topkapi o i Musei Archeologici o quello dell’Arte Islamica, per dire. Ma non solo, da quest’anno anno è diventato anche un film, dell’inglese Grant Gee (titolo originale Innocence of Memories) in cui si possono ammirare, anche senza andare nella capitale della Turchia, le scarpe di Füsun, le sue statuette di porcellana, i suoi ditali, vestiti, saliere e persino il posacenere con i mozziconi di sigarette fumate da lei, sporchi di rossetto.

 

Cimeli nel Museo dell'Innocenza

Cimeli nel Museo dell’Innocenza

Alcune voci fuori campo, le voci dei protagonisti del romanzo, danno corpo a ciò che ancora mancava per un’incarnazione completa dell’imponderabile, dell’etereo, dell’immaginario che è sempre la letteratura. E voilà, che cos’è diventato allora Pamuk se non quello che qualsiasi scrittore cerca di essere? Un dio capace di creare la realtà, di darle una vita autentica e indipendente per lettori capaci di sospendere l’incredulità fino a entrare con tutti i loro sensi dentro un libro che è anche un vero museo, che è anche un film, fino a credere completamente alla verità di una storia.

 

 

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1 Comment
  • Agata Noto
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    I tour organizzati per visitare luoghi letterari non rendono un buon servizio all’immaginazione. Molto meglio farsi un proprio itinerario e cercare di scoprire passo passo il percorso mentale dell’autore. Pamuk è uno dei miei scrittori preferiti. In questo romanzo il feticismo di Kemal è il sintomo di una insicurezza profonda che si trasforma in ossessione malata. In tal senso il museo reale è un laboratorio sperimentale attraverso cui la “follia” di Kemal/Pamuk trova la sua apoteosi.

    26 Settembre 2016 at 21:22

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