Il mio ’68. LEONARD COHEN alla Sapienza nel 1974
Stavo rispondendo a un’intervista per il Salone del Libro di Torino, che quest’anno si terrà nella prima metà di maggio, e siccome una domanda verteva sul ’68, di cui ricorre il quarantennale, mi sono ricordata che per me il ’68 è legato a un episodio di sei anni dopo, il ’74. Frequentavo la Sapienza e mi stavo laureando in lettere. All’università si occupava, si bighellonava, si studiava anche, sempre fra un sit-in femminista e una discussione plenaria del Movimento Studentesco. Un professore dalle idee aperte che voleva accattivarsi le simpatie degli studenti, Agostino Lombardo, titolare di Letteratura angloamericana, ebbe la bella idea (suggerita dai suoi giovani assistenti) di invitare un poeta menestrello, Leonard Cohen, che allora era sui quarant’anni ma non li dimostrava. Era stato invitato come poeta, appunto, ma per noi lui era lo straordinario autore di una canzone-mito, Suzanne, e l’aula magna era stracolma. Cominciò a leggere le sue poesie e tutti noi guardavamo la chitarra che aveva appoggiato sulla cattedra sicuri che prima o poi l’avrebbe imbracciata e avrebbe cantato. Infatti così accadde nel tripudio generale. Intonò Suzanne e Avalanche e Famous Blue Raincoat. Siccome erano tempi creativi e gli studenti spadroneggiavano nelle università, qualcuno aveva scritto tutt’intorno all’emiciclio dell’Aula Magna a caratteri giganti questa frase: AMORE AMORE FAMMI VENIRE CON LA RIVOLUZIONE. Cohen chiese a qualcuno di tradurgliene il significato. Il significato gli piacque, e ci regalò con la sua voce inconfondibile un’indimenticabile improvvisazione su quelle parole, che accompagnava alla chitarra. Ecco: il mio ’68 è stato così. E’ stato come quel giorno festoso con Cohen che ci cantava: «Amore amore, fammi venire con la Rivoluzione».