L’Immaginazione n.312 luglio-agosto

L’Immaginazione n.312 luglio-agosto

Marie e Pierre Curie

COSA sapevo di Marie Curie? Pochissimo. Che era un genio, che era polacca naturalizzata francese, che ha scoperto la radioattività, che ha vinto due premi Nobel, uno insieme al marito Pierre. Ignoravo tutto il resto. Che si chiamava Maria Salomea Skłodowska, detta Manya; che è stata la prima donna a vincere il Nobel, quello del 1903, per la fisica; ed è stata naturalmente la prima anche a vincerne due, e pure fra gli uomini se ne conta uno solo in tal primato (questo secondo Nobel, del 1911, l’ha vinto per la chimica); prima donna a essere ammessa a insegnare alla Sorbona (1906); prima donna sepolta al Pantheon di Parigi (1995, ma era morta nel 1934): a oggi, sono cinque in tutto le donne cui è stato concesso questo onore. Tutte queste cose le ho sapute adesso leggendo una bizzarra biografia, in chiave femminista, che le è stata dedicata della scrittrice spagnola Rosa Montero: La ridicola idea di non vederti più, edita da Ponte alle Grazie.

E ho saputo che il marito Pierre, con cui ha scoperto la radioattività, è morto giovane, a quarantacinque anni per un banale incidente di strada, investito da una carrozza, sotto la pioggia, e lei ha scritto dopo la sua morte un taccuino di riflessioni, un diario del dolore, per un anno (riportato nel libro della Montero). Da Pierre aveva avuto due figlie: la futura scienziata Irène e la futura pianista Eve. Ma fu una madre severa e ingiusta: preferiva platealmente la prima e tormentava la seconda troppo femminile.

La cosa più sorprendente, però, è stata la campagna di discredito di cui fu vittima, quando, quattro anni dopo la morte del marito, cadde innamorata di un altro grande scienziato, Paul Langevin, di cinque anni più giovane di lei e molto intelligente, ma pessimo come essere umano. E già sposato. E vile verso tutt’e due le sue donne.

La grande Marie si adatta a una storia clandestina, e soffre le pene dell’inferno (e questo davvero non ce lo aspettavamo da una superwoman come lei), anche perché la moglie di Langevin le giura vendetta, coinvolge i giornali, minaccia di ucciderla o di suicidarsi. Langevin se la fa sotto e sceglie la moglie, mentre l’intera società scientifica – e non solo – dichiara guerra alla scienziata. Quando nel 1911 è insignita del secondo Nobel, le viene persino chiesto di non presentarsi in Svezia alla premiazione! Lei risponde altera: «Il premio è stato concesso per la scoperta del radio e del polonio. Credo che non ci sia alcuna connessione fra il mio lavoro scientifico e i fatti della mia vita privata». E imperterrita parte per Stoccolma.

Rosa Montero

Dicevo che è una biografia “bizzarra”, del resto il sottotitolo ci mette subito in guardia: La storia di Marie Curie e la mia. Bella faccia tosta, mi dico. Anche se poi la storia di Montero resta molto in secondo piano e il parallelo è attivato esclusivamente dalla comune esperienza di vedovanza e da generiche riflessioni femministe sulla condizione della donna, umiliata persino quando  è un genio (e qui niente da obiettare contro l’autrice, molto naturalmente contro il sistema maschile di deprezzamento e schiacciamento dell’ “altra metà del cielo”). Rosa Montero usa in continuazione i cancelletti in voga su Twitter (#) per mettere in risalto alcuni concetti-chiave. Ho trovato la trovata invasiva e al limite del tollerabile. Ma tant’è, le sarò per sempre grata di avermi convinta ad approfondire quella figura gigante, quella donna complessa, contraddittoria, vera, aspra e pure tenerissima che fu Marie Curie.

CI SONO giorni fortunati in cui, per puro caso, si cade proprio sui libri giusti dopo averne gettati molti altri nel bidone (della carta!) avendone letto almeno una decina di pagine e non potendone più. Ed ecco che mi lascio catturare con passione crescente dalla raccolta di racconti di Loredana Lipperini Magia nera (Bompiani). Ammetto che ho un’attrazione particolare per le narrazioni in cui fa irruzione il visionario e qui ho trovato una speciale sapienza nel costruire e intrecciare alla trama realistica gli elementi del chiamiamolo imponderabile, con la giusta quantità di incredulità e ironia da parte della stessa autrice. Siamo avvolti dai nostri fantasmi, da emozioni che scatenano forze incontrollabili e insospettabili: Lipperini ha fatto le letture giuste, da Stephen King a H.P. Lovecraft leggo nel risvolto (a Edgar Allan Poe, aggiungerei io) e ci riporta ai grandi livelli del genere lasciandoci beatamente (o forse dovrei dire con grande inquietudine) nella nostra confortevole (solo in apparenza) contemporaneità.

 

 

 

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