L’Immaginazione n. 294 (luglio-agosto 2016)

L’Immaginazione n. 294 (luglio-agosto 2016)

FESTA PER BIANCAMARIA

Biancamaria Frabotta

Biancamaria Frabotta

Quanti libri possiedo di Biancamaria Frabotta? Tutti credo: sono la lunga storia di una vocazione, poetica e critica e, in parte minoritaria, anche narrativa. Per me poi sono la testimonianza carissima di una lunga amicizia, cominciata negli anni del femminismo militante e mai più interrotta pur nell’inevitabile tempesta della vita, mia e sua. L’11 di giugno appena scorso, noi amici, con gli studenti e gli ammiratori, abbiamo festeggiato (guidati da Paolo Di Paolo) il settantesimo compleanno della poetessa in un’adorabile libreria romana – anche casa editrice – del quartiere Monti, Empiria, leggendo ognuno qualcosa dalla sua ampia opera e ascoltando la lettura di una nuova operina, Risatelle, che Biancamaria ha composto con il marito Brunello Tirozzi. Brunello di professione fa il fisico, ma è anche un musicista, e dall’ultimo Natale si è scoperto una spiritosa vena poetica. Così, insieme, hanno tirato fuori un irresistibile duetto in quartine, diviso in quattro parti musicali: Preludio, Andantino, Meditativo, Scherzo. Il volumetto, con copertina e disegni di Bruno Conte, è stato pubblicato per l’occasione dalla stessa Empiria e non si finisce di esserne grati.

Brunello e Biancamaria leggono “Risatelle” in pubblico. A destra Paolo Di Paolo. (Foto Dino Ignani)

Perché queste quartine, o «quasi quartine» direbbe Frabotta, sono la storia di un matrimonio felice fra due caratteri diversi e liberi che si trovano a costruire la solidità di una lunga, frastagliata relazione proprio sulla capacità di ridere, di se stessi prima di tutto e poi del vasto resto, ma ridere senza cattiveria; infatti si tratta di semplici risatelle, vale a dire di un prendere l’esistenza, così pesante e drammatica, così minacciosa e ingrata tanto spesso, con l’unica qualità che la rende sopportabile e fin bella, la leggerezza. E penso a quanto ogni relazione degna fra gli esseri debba alla leggerezza, alla risatella. L’amicizia fra noi per esempio, fra Biancamaria e me, è stata lieve e profonda, sempre. Basata sulla reciproca stima, ma saggia di un’estrema libertà, quella di apprezzare perfino cose (leggi: autori, poeti) agli antipodi, bisticciando un po’ magari, ma niente di più, senza offendersi, senza opprimersi, senza mai chiedersi troppo, ma essendoci sempre, l’una per l’altra, nei momenti cruciali della vita.

Amelia Rosselli

Amelia Rosselli (Foto Dino Ignani)

La vita, appunto. Come la ritrovo, intera, nei versi di Biancamaria, che sono – prima di tutto malinconici. In un’intervista data a Giorgio Ghiotti per il libro Mesdemoiselles, le nuove signore della scrittura (Perrone ed.) Frabotta dice che la malinconia è «una speciale attitudine che sembra contemporanea alla nascita del mondo. La storia della malinconia non finisce mai. Io me ne sono occupata per anni, iniziando a studiarla per motivi personali e anche storici». Se n’è occupata scrivendo i suoi versi, lavorando sui grandi malinconici Giorgio Caproni e Amelia Rosselli, se n’è occupata vivendo e riconoscendo che «i sintomi della malinconia sono paragonabili agli effetti del vino: prima ridi senza misura e poi, senza misura, piangi». Solo che, secondo me, lei ha saputo capovolgere gli effetti del vino/vita: prima piange senza misura e poi ci ride su. O tutte e due le cose insieme, perché lei è un’esperta di «controcanto». S’intitola proprio Controcanto al chiuso una raccolta del ’91, e sentite questo haiku: «Ore riposte/ a fomentare pace./ Previste nevi».

Giorgio Caproni

Giorgio Caproni

Dunque risatelle, dunque, controcanti, dunque… manca un terzo elemento. Ci vuole sempre un terzo elemento. Eccolo: La viandanza, titolo di una lunga poesia poi dato a una prima raccolta mondadoriana del ’95. Viandanza è più che viaggio, e Biancamaria è grande viaggiatrice nello spazio e nei tempi dei sentimenti e dello sguardo. Viandanza contiene l’idea della povertà e del perdersi. «Camminiamo riparando le perdite» dice in un altro verso. Camminiamo rischiando collisioni e disastri, offrendoci indifesi all’emozione e ai ricordi, andare – per il viandante – è coltivare nostalgie più che scoperta del nuovo.

Ma l’approdo, per una forma di controcanto forse, è la festa e la risatella, è il ritrovarsi nella casa amata, nel giardino dove la natura mostra dietro la dolcezza di un frutto, oltre la bellezza d’un fiore, il suo lato d’ombra, di violenza e distruzione, fertilità e morte. «Vorrei che le avesse portate/ fin qui, il vento, queste piume./ Un vento grigio sotto la mimosa./ Ma sono qui da tanto, pegno/ di un gioco di pazienza/ tra la tortora e la volpe» (Da mani mortali, Mondadori 2012). Fu una festa fra amici quella di Domenica al Paglieto: si festeggiava in allegrezza il primo anniversario del matrimonio di Biancamaria e Brunello, dopo anni di convivenza. E furono poesie e giochi e omaggi. La parte leggera della vita, sulla terra.

 

IMMAGINAZIONE 8

 

 

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