Divagazioni sulla “nonnità” (IlFoglio, 2/2/2018)

Divagazioni sulla “nonnità” (IlFoglio, 2/2/2018)

E’ da quando ho compiuto cinquant’anni che ho smesso di tingermi i capelli, assumendomi anche esteriormente il peso degli anni. La reazione, nella mia cerchia, fu al cinquanta per cento di riprovazione e al cinquanta per cento di esagerata ammirazione: «Che coraggio!» mi dicevano. Coraggio? Quando due mesi fa sono diventata nonna, molti – maschi e femmine – si sono affrettati a dirmi: «La nonna più giovane, la nonna più bella del mondo!» Non è vera, naturalmente, né una cosa né l’altra: come non cogliere nello strabiliante complimento una nota di consolatoria preoccupazione?

Essere nonni è essere, inequivocabilmente, vecchi. E dunque? Per come la vedo io, invecchiare è l’avventura più interessante dell’esistenza, per questo probabilmente mi sono affrettata – attraverso il bianco dei capelli – a viverla il prima possibile, prima che la parte davvero pesante della vecchiaia, e cioè la perdita dell’esuberanza fisica, gli “acciacchi” insomma, venissero a rovinarmi la festa. E adesso eccomi nonna, che bellezza! Ciliegina sulla torta. Io, allevata ad antiche giudiziose favole piene di nonni saggi, di nonne ciarliere e sferruzzanti accanto al camino, posso finalmente aderire al mio profondo, segreto modello di vecchiaia, poco trendy lo so, ma so anche che è l’unico modello che un nipote davvero sogna, magari senza nemmeno saperlo.

Un nipote, nel mio caso una nipotina: qualcuno per cui ne sono certa, la parte bislacca, ombrosa, confusionaria e distratta del mio carattere, la parte che sotto sotto si rifiuta di crescere, diventerà un valore. Io m’intendo con cani, gatti, cavalli e, va da sé, coi bambini. Conosco il loro pre-linguaggio, li capisco al volo, ne ascolto i pensieri silenziosi, credo di saperne interpretare i desideri. Me la cavo bene anche con le piante; non so nulla di giardinaggio, ma quel che pianto cresce, arrangiandosi per conto suo. Credo si tratti di “pollice verde”. Ero dunque predestinata alla nonnità. Più che alla maternità. Perché le responsabilità non mi piacciono e le madri hanno molte più responsabilità di quante siano richieste a una nonna giocherellona, esperta di torte fragranti e lavori a maglia. A proposito di lavori a maglia. Ho subito rinfocolato dentro di me l’antica arte dei ferri e dell’uncinetto. Da giovane facevo lunghe sciarpe e gran maglioni per i miei fidanzati. Ma, appena finito il maglione, misteriosamente mi ritrovavo stufa del fidanzato. Così ho smesso. Ecco che adesso quell’abilità mi torna utile: fare una copertina, un minuscolo berretto, un maglioncino tutto colorato a una bimba è un lavoro veloce e di gran soddisfazione. Non c’è il tempo di stancarsene, subito l’oggetto è finito e pronto per essere indossato, e desta una spropositata ammirazione. Incredulità persino. Come, tu che scrivi libri, sempre con la valigia pronta, oggi qui domani là, hai questo vezzo strano, questa capacità da vecchietta casalinga, questa pericolosa attrazione per perdere tempo?

Oh, sì, lo confesso: adoro “perdere” tempo, spupazzare la bimba, lavarle il culetto subito di nuovo sporco, inventare canzoncine senza senso, dimenticarmi con lei del grande mondo importante fuori dalla porta, della corsa perenne verso qualcosa che si rivela, regolarmente, deludente rispetto alle attese. Da vecchi è questo il vantaggio, se sei sveglio: sai come stanno le cose, e dovresti, se sei sveglio, non illuderti più. La corsa s’è fatta troppo faticosa per essere corsa (scusatemi tutti voi cultori del fittness pure a 80 anni) ed è così più appagante starsene un po’ fermi. Come chiede, come pretende un neonato, appunto.

Ma insomma, non è che non avesse ragione una scrittrice che amo molto, Natalia Ginzburg, quando diceva: «Questa è la vecchiaia. Fare il gesto di accendere la luce e restare al buio» (in Vita immaginaria). E’ una delle visioni più precise e sconsolate sull’invecchiare. Fotografia inesorabile dei tempi che viviamo, incuranti del valore dell’esperienza, della misura, della coerenza fra dire e fare, gonfi di disprezzo per i “nonni”. Motivo in più per contrastarli questi nostri tempi infernali, rumorosi, autodistruttivi, e per aprire un altro libro importante sul tema: La forza del carattere di James Hillman, da cui s’imparano molte cose. Anche, fra l’altro, indirettamente, a essere nonni, e nonni orgogliosissimi.

 

 

 

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