Risposta a Beppe Sebaste nel suo blog (5 sett.’10) sulla questione mondadoriana

Risposta a Beppe Sebaste nel suo blog (5 sett.’10) sulla questione mondadoriana

Caro Beppe, cerco di raccogliere le idee che nei giorni scorsi ho sparso su varie bacheche e blog (da Vibrisse di Giulio Mozzi, alle pagine Fb di Vito Mancuso, Evelina Santangelo, Michela Murgia…) e comunicartele.
Dunque, prima di tutto diciamo una cosa: io e te siamo figli di una cultura in cui la “marginalità” era un valore da coltivare anche se baciati dal successo. E questo fa una grande differenza. Di codici. Nella nostra idea di letteratura, credo, e comunque sicuramente nella mia, un vero scrittore non può non sentirsi al margine della corrente principale, proprio perché inevitabilmente malato di malinconia, di consapevolezza, di costante rapporto con la morte. In questa inevitabilità del posizionarsi “fuori” (solo in questo, non perché più o meno engagé) lo scrittore è “coscienza critica” del suo tempo.
L’industrializzazione dell’editoria, il suo aver trasformato il libro a poco a poco in un oggetto come tutti gli altri, privo della famosa “aura” e anche di molto altro, ha stravolto non solo il mercato del libro, trasformando la quantità in valore a scapito della qualità, ma anche il rapporto degli artisti con le loro creazioni. E dunque arrivo a capire perché lo “scandalo” mondadorian-einaudiano scoppiato in questi giorni lasci freddi, e persino offesi, tanti autori nati e cresciuti in questo clima e ai nostri occhi sorprendentemente (se non cinicamente) inconsapevoli del loro prestarsi al consolidamento di un monopolio editoriale che sta distruggendo quanto ancora rimane della libertà intellettuale del paese (Flavia Caso spiega tutto benissimo nel tuo blog).
Dalla grande indifferenza della famiglia Berlusconi per l’aggressività nei suoi confronti (e nei confronti del governo) di tanti autori che pubblica nelle sue case editrici e promuove nei suoi giornali (e al cui successo contribuisce con grosso impegno finanziario) si dovrebbe facilmente dedurre che non sta lì, nel poter esprimere il proprio dissenso, la libertà intellettuale che tutti sbandierano. La libertà intellettuale è prima di tutto interiore, riguarda il rapporto con se stessi, le proprie scelte, il rapporto con quel che si fa e come lo si fa, la compagnia che si sceglie nel viaggio.
Non mi piace parlare di me, ma a questo punto può essere utile, e poi mi preme dire che sono felice di aver fatto delle scelte che oggi non mi mettono in contrasto con me stessa, anche se sicuramente mi hanno “danneggiata” sul piano della visibilità e notorietà. Parlo della mia propensione a pubblicare con case editrici piccole e medie, propensione di cui non intendo gloriarmi, perché è dovuta al mio carattere e ai casi della vita, ma nemmeno inevitabile, avendo avuto la fortuna di poter scegliere anche altre soluzioni. Del resto, è stato per me molto pesante lavorare per più di vent’anni in un giornale meraviglioso com’era Panorama e vederlo trasformarsi di direttore in direttore in un organo governativo di un governo che non condivido. E’ stato duro subire, all’interno della rivista, l’emarginazione, prima strisciante poi plateale, perché non ero probabilmente congeniale a un’idea di giornalismo che mai è stata la mia e mai lo sarà. Ecco uno dei motivi per cui non mi andava di targarmi Mondadori anche come scrittrice.
Ma vedi, Beppe, proprio questa mia esperienza dentro l’editoria mondadoriana (ora definitivamente conclusa), di cui conosco meglio di altri i lati positivi e seduttivi (grandi professionalità, precisione e puntualità nei pagamenti, simpatia di tante persone coinvolte nella macchina ai vari livelli…) mi fa pensare che, se non sei utile, ti fanno fuori; se ti promuovono e ti riempiono di onori anche se le spari grosse o grossissime contro Berlusconi, vuol dire che non dai nessun fastidio sostanziale o che, comunque, il fastidio è sopportabile rispetto al giro di affari che alimenti a scapito di altre realtà che vengono quotidianamente soffocate. E anzi, poter vantare una serie di autori “scomodi” è un bel fiore all’occhiello, una bella prova che libertà e indipendenza in questo nostro paese sono intatte. Cosa che non credo, ma la cui responsabilità non addosso al solo Berlusconi, che almeno è una persona non in contraddizione con i principi che propugna.
Ti saluto e ti abbraccio, Sandra

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