Recensione a “Io e te” di Ammaniti (su Giudizio Universale novembre 2010)
Leggo Io e te di Niccolò Ammaniti e mi viene voglia di fargli molti complimenti. Penso che sia bravo, bravissimo. Mi ha tenuta avvinta per tutto il racconto, un centinaio di pagine, un racconto lungo, con la sua scrittura veloce, nitida. Mi ha commossa, divertita (più di una volta mi sono messa a ridere disturbando il gatto che mi dormiva in grembo). Due o tre scene sono indimenticabili. Una sopra tutte le altre, una che racchiude il segreto di questo libricino e forse dell’autore Ammaniti, quando il personaggio principale, un ragazzino di quattordici anni o giù di lì, chiuso in macchina, lascia che sua madre sulla strada, lì accanto, venga aggredita a insulti e spintoni da un bruto per una questione di parcheggio. Non riesce a muoversi, paralizzato, inetto. Eppure sua madre è la persona che ama di più al mondo.
Ama anche la nonna, moribonda in ospedale, a cui racconta una storia demenziale ed esilarante su un robottino pulisci-piscina truccato dagli americani per uccidere Saddam. E ama in modo altalenante una sorellastra tossica che tenta goffamente di aiutare, naturalmente senza riuscirci. Ma almeno, in questo caso, ci prova. Però non volevo raccontare la trama del racconto, volevo venire a capo del senso di insoddisfazione che mi ha lasciato la narrazione quando ho finito di leggere. E forse pure un po’ di rabbia e di delusione. Ma come, dicevo fra me, uno scrittore così abile, così capace di autenticità – si sente insomma che c’è un mondo interiore che viene fuori da tutte le parti ed esige di essere detto – che non vuole venire a capo di se stesso? E molla la presa per inseguire effetti speciali, quelli che fanno accendere mille lucette da flipper intorno agli occhi dei lettori ingenui, ma non abbagliano un lettore appena appena più esperto.
Allora mi sono chiesta: per chi scrive Niccolò Ammaniti? Non per me, purtroppo. Scrive per andare tutte le volte in classifica prendendo rutilanti scorciatoie? Probabilmente sì. E perché non dovrebbe dopotutto? Con un talento come il suo ha legioni di lettori sulla punta delle dita, che lo seguono qualsiasi cosa scriva, sicuri che si divertiranno e si commuoveranno, e resteranno avvinti e col fiato sospeso dall’inizio alla fine, esattamente come ho fatto io. Perché volere di più? Che non sfugga alle sue responsabilità e racconti come mai Lorenzo agisce così. Che lo racconti senza spiegarlo, ma proprio attraverso i fatti, come sa fare benissimo. Che non lasci le cose in sospeso. Che non se la cavi con quella scritta finale ammiccante in cui si viene a sapere che forse Olivia Cuni (la sorellastra tossica) è davvero esistita. Ma forse anche no.
Certo il lettore esigente può fare tutto lui e aggiungere significati che la storia raccontata accenna quasi per sbaglio, riempire i buchi, sottrarsi all’incanto delle scene che funzionano tutte, una via l’altra, ma non insieme, e rammendare il racconto dove manca generosità, plausibilità, carne. Ma perché dovrebbe?
Il lettore esigente chiude semplicemente il libro e si dispiace, moltissimo.