Un film di Wenders su Pina Bausch (Giudizio Universale, 3/11/11)
Sono almeno due i motivi per andare a vedere il film di Wim Wenders su Pina Bausch. Primo: chi non avesse mai assistito a uno spettacolo della coreografa tedesca, mancando così una eccezionale esperienza artistica e umana, potrà almeno in parte rimediare. Secondo: è il primo film d’autore in 3D, e questa è un altro tipo di esperienza che i cinephiles non devono perdere, per poi magari prenderne anche le distanze, ma non importa. Però, purtroppo, l’idea che era nata dalla voglia di lavorare insieme di Wenders e Bausch si è trasformata in corso d’opera nella celebrazione della danzatrice da parte del regista suo amico, addolorato e sgomento per la morte improvvisa di lei, avvenuta nel giugno del 2009. La Bausch, nata nel 1940 a Solingen, in realtà sapeva di essere ammalata di cancro già da parecchi mesi, ma aveva deciso di non farne parola a nessuno, anche per non dover discutere la sua decisione di non curarsi.
Così sul film pesa questo sgomento, se ne avverte tutto lo sbandamento, e invece di mantenere la promessa di illuminare il lavoro e il pensiero di un’artista senza uguali, creatrice di un avvolgente, commovente, sensuale Teatrodanza, diventa un mosaico di momenti musicali e corporei in cui a farla da protagonisti sono gli straordinari ballerini della sua compagnia, il Tanztheater Wuppertal (dalla città dove ha sede da quasi quarant’anni).
Vediamo brani indimenticabili di spettacoli epocali come La sacre du printemps, Café Müller, Kontakthof, Vollmond, e ascoltiamo il ricordo angosciato di tanti ballerini e assistenti che hanno studiato e condiviso un lungo percorso artistico con lei. Ma a mancare, alla fine, è proprio Pina, di cui si vedono pochi e brevi spezzoni di repertorio o tratti dal suo archivio, in cui agisce, sorride, domanda. Troppo pochi, troppo rapidi. Sfugge la sua immagine come il suo segreto, e il film diventa una grande occasione mancata per afferrare un qualche bandolo di una donna geniale e misteriosissima.
Infine due parole sul 3D. Non mi è parso emozionante. Sarà che lo si abbina inevitabilmente agli effetti speciali e al Fantasy, avrei preferito rinunciare ai fastidiosissimi occhialini e godermi una classica bidimensionalità.