“Freshwater” tradotto da Chiara Valerio (Il Foglio 24/4/13)
Cos’è Freshwater, solo un breve testo da recitare in famiglia? E’ l’unica commedia composta da una scrittrice-mito, Virginia Woolf – e di lei non si può perdere nemmeno una virgola? La stessa Woolf, scrivendo alla sorella Vanessa, che aveva bisogno della commediola per riunire parenti e amici a rapprensentarla (tipico divertimento bloomsburiano) si domanda se non sia da buttar via senza perderci altro tempo; la trova «esile e scialba». Confesso che esile e scialba mi sembrò nei primissimi anni Ottanta, malgrado il mio inevitabile, generazionale woolfismo spinto, quando la lessi una prima volta tradotta e pubblicata da quella notevole casa editrice che fu La Rosa. Esistono due Virginie: una tragica che a ventinove anni si sente «una fallita – pazza per di più – altro che scrittrice», a quaranta ha le vertigini sembrandole continuamente di camminare su «un instabile nastro gettato sulla vita» e che finirà col suicidarsi. L’altra è spiritosissima, leggera, capace di aggiornare così Vita Sackville-West sul proprio, subito detestato, taglio di capelli: «1.Virginia è decisamente rovinata dai capelli alla maschietta. 2.Virginia coi capelli alla maschietta ci guadagna decisamente. 3. I capelli alla maschietta di Virginia passano del tutto inosservati. Sono queste le tre scuole di pensiero sull’importante argomento. Ho comprato un toupet, che fisso con un fermaglio. Finisce nella minestra e lo ripesco con la forchetta». Era il 1927.
La prima stesura di Freshwater è del ’23. Ce ne sarà un’altra nel ’35 quando il testo verrà finalmente messo in scena nello studio di Vanessa in Fitzroy Street per il diciassettesimo compleanno della figlia Angelica, costretta a recitarvi una parte (quanto patisse la goliardia del suo illustre parentame, Angelica Bell l’avrebbe rivelato solo molti anni dopo in un memoir dell’85 crudo e crudele, Ingannata con dolcezza, sui genitori – veri e presunti – e la loro cerchia, perché solo troppo tardi scoprì di non essere figlia del primo marito della madre, Clive Bell, ma dell’allora suo amante, e poi compagno, Duncan Grant, che sarebbe stato amante anche di David Garnett, futuro marito di Angelica, malauguratamente senza avvertire la figlia – che del resto fino al ’37 non sapeva di essere sua figlia.
Ma questa è un’altra storia, più o meno. Torniamo a Freshwater, in cui si respira l’aria comica, frivola e colta di quella vicenda del toupet nella minestra. Ci torniamo perché la commedia esce di nuovo in questi giorni, per Nottetempo (115 pagine, 11 euro), e per la traduzione e cura di una giovane, ossessiva lettrice di Woolf: Chiara Valerio, classe 1978 (per dire che cambiano le generazioni, ma l’autrice di Mrs. Dalloway continua a essere un “faro”, persino attraverso le sue opere minori). E se questa giovane scrittrice non fosse una vera invasata sul tema e non mi avesse stordita di notizie sulle sue ricerche intorno a Freshwater, che ha riversato in una preziosa nota posta in chiusura di libro, ma che consiglio di leggere per prima, non starei qui a parlarne, semplicemente perché non l’avrei riletta. E non mi sarei imbattuta in una frase come questa: «Cerca il vero là dove il vero giace nascosto», piazzata proprio in mezzo a un testo fra i più strampalati di Woolf in cui s’incontra una sua prozia, Julia Margaret Cameron, antesignana dell’arte fotografica, il pittore G.F. Watts, il poeta Tennyson, la leggendaria attrice Ellen Terry (fedifraga moglie di Watts), la regina Vittoria e qualcun altro, compresi due animali: un delfino e una scimmietta. E dimenticavo due bare a prova di termiti che i coniugi Cameron, in partenza per l’India, intendono trascinarsi dietro per ogni evenienza, non fidandosi dei feretri indiani. Non sia mai le termiti dovessero divorare l’opera di Tennyson che Julia vuole portarsi in Paradiso! In sé la commedia non mi ha esaltato neppure questa volta. A esaltarmi però sono stati gli altri tre brevi testi woolfiani, due saggi e un racconto tradotti per la prima volta, che Valerio ha messo a corredo e spiegazione dei personaggi presenti nel testo principale e del senso stesso di esso. «Freshwater è una commedia sul tempo» osserva brillantemente nella sua nota, prendendo a prova il brevissimo delizioso racconto Una scena dal passato – prima versione di un’altra novella poi raccolta in A Haunted House. Il luogo è di nuovo Freshwater nell’Isola di Wight, Inghilterra. E di nuovo Ellen Terry – che di nuovo riceve un bacio da un giovane corteggiatore – e un vecchio signore, che tanti anni prima puntando un telescopio verso la terra, invece che in cielo, aveva messo a fuoco una scena simile: un giovane uomo che baciava una giovane donna. Ecco là servito il segreto della letteratura, Freshwater o no: «le parole avvicinano cose lontanissime» scrive Chiara e la letteratura sta in questo ribaltamento della realtà, nella capriola spazio-temporale di un telescopio rovesciato. L’attimo faustiano non ha bisogno di fermarsi, basta che rimbalzi e si ripeta nella scrittura.