Un romanzo su cui discutere di Paolo Piccirillo (L’Unità, 22/6/13)

Un romanzo su cui discutere di Paolo Piccirillo (L’Unità, 22/6/13)

Paolo Piccirillo

Paolo Piccirillo

E’ dagli anni Novanta del secolo scorso che ha cominciato a imporsi una narrativa giovane costruita intorno a una visione del mondo violenta. Dopo la terra bruciata della neoavanguardia e il ritorno a narrare degli scrittori degli anni Ottanta che facevano difficili conti con i grandi padri del passato recente ed erano concentrati sui rapporti familiari, sulle proprie nevrosi, sul nonsenso di tutto,  era come se le generazioni più giovani dovessero dare voce  a realtà estreme sfidando i confini di un realismo declinato sempre al negativo. Ricordo la grande impressione che mi fecero due libri, al limite del leggibile per la violenza di cui parlavano in modo esclusivo e claustrofobico: Il branco di Andrea Carraro, del 1994, e  Dei bambini non si sa niente di Simona Vinci del ’97. Da allora la tendenza si è confermata incarnandosi in generi anche molto diversi, dai tanti romanzi criminali ai gialli più efferati a un grottesco spietato e subumano a un neo-neorealismo di varia forma e natura con affondi in ambienti spesso degradati, ma anche in quelli “rispettabilmente” borghesi.

Unknown-1Il secondo romanzo di Paolo Piccirillo, La terra del sacerdote (Neri Pozza, 232 pagine, 16,50 euro) in libreria dal 13 giugno si colloca in questa dimensione narrativa con l’ambizione di spostare più avanti un’indagine sul Male assoluto in una visione metafisica, a tratti persino simbolica, della materia trattata. Il romanzo narra le vicissitudini di Agapito, contadino molisano, prete spretato che ha vissuto lunghi anni da emigrato a Stoccarda e che, tornato nella sua campagna, si dedica a coltivare una terra arida come la propria psiche, capace di produrre solo una tetra insipida insalata e della frutta che nasce marcia. Ma altre più fosche attività fioriscono su questo lembo di submondo, terra di nessuno e che poi tutti pretendono, in un duello da far-west nostrano condito di aspro dialetto e di parole tedesche lanciate al lettore come ulteriori enigmi della vicenda. Un male inutile e gratuito circola in queste pagine, come in tante altre della narrativa contemporanea non solo italiana, dove non si fa mai spazio a un autentico dolore e che custodiscono un’irrisolta, non dichiarata aspirazione alla religiosità, orfane di un dio che ha per sempre distolto lo sguardo dagli uomini e dalle loro azioni inconsulte. Cormac McCarthy (autore preferito di Piccirillo) e tanto cinema di successo o meno sono i riferimenti immediati, ma io credo che ne vada cercata l’ispirazione anche nell’educazione ai videogiochi frastornanti e guerreschi che infestano le infanzie ormai di diverse generazioni e che non insegnano nulla sulla realtà, ma anzi pericolosamente la inventano e deformano.

Andrea Carraro

Andrea Carraro

Sulla terra brulla di Agapito si allevano le ragazze a restare continuamente incinte e a consegnare i loro neonati a un non meglio identificato commercio di organi e adozioni per pagare il riscatto di una miserrima libertà di profughe prostitute. Un’invenzione che fa venire i brividi, e che ha risonanze fin troppo note in fatti di cronaca sconcertanti di sequestri fra le pareti domestiche. Che poi il contadino spretato a un certo punto sia punto da tenerezza per una di queste schiave non basta a riscattarlo o a riscattare una storia che resta sospesa in un immaginario creativo incapace di chiarire a se stesso le sue vere ragioni. Ma è una critica, questa, che Piccirillo può condividere con la maggior parte dei suoi coetanei scrittori (è nato a Santa Maria Capua Vetere nel 1987) stimolati, quando non addestrati, a produrre immagini e storie eclatanti ed emotive, scisse da consapevolezze interiori e serie analisi della contemporaneità che pretendono di raccontare.

Ci sono pagine molto efficaci nella Terra del sacerdote, descrizioni lunari di paesaggi finali, pieni di carcasse e detriti, e di esseri umani, maschili e  femminili, analfabeti non solo nella lingua, ma soprattutto nei sentimenti, le cui ragioni si possono scorgere nell’indecifrabilità e brutalità delle società in cui siamo tutti immersi come nell’immediata zona geografica in cui l’autore è nato: il casertano, fra i luoghi più malavitosi d’Italia. Manca però lo sguardo comprensivo di chi deve sempre sapere più di quel che descrive.

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