Una mostra fotografica di Roberto Nistri (succedeoggi.it 11/11/13)
Cos’è che ci fa dire di una fotografia che ci hanno scattato, è una bella fotografia? Sicuramente, in modo molto poco rispettoso per chi l’ha eseguita, il fatto banalissimo del “come siamo venuti”, se ci piacciamo o no. E siccome non è facile piacersi in una fotografia, a volte finisce che fra le preferite sono proprio le immagini meno a fuoco, quelle che l’autore disdegnerà, mentre noi gli siamo grati per avere sfumato nell’imprecisione il nostro viso lasciando in ombra certi suoi difetti.
Quante volte abbiamo fatto l’esperienza di quella lieve irritazione che suscita il commento di un’altra persona: come stai bene in questa foto! Sto bene? ma che dici, vorremmo rintuzzarlo, ma non lo vedi il nasone? e le pieghe sul collo? e i rotoli sulla pancia? Dunque l’altro ci vede così anche nella realtà, ci vede uguali a quell’immagine che noi vorremmo fare a pezzi? E’ tremendo osservarsi con gli occhi degli altri, è tremendo essere fissati per la piccola eternità di uno scatto a un’espressione che resta identica a se stessa sempre, mentre nella realtà ci muoviamo in continuazione, cambiamo atteggiamento, posizione, sorriso e abbiamo così una vasta gamma di possibilità di apparire diversi da come siamo. Ma come siamo poi? E’ questo il punto cui le foto non danno scampo. Noi non lo sappiamo mai come siamo, qualche volta sappiamo come vorremmo essere.
Pensavo questo nel disagio inevitabile di vedermi appesa a una parete del Palazzo delle Esposizioni di Roma dove è in corso la mostra Nel selvaggio mondo degli scrittori di Roberto Nistri. Non so quanti siano i narratori e i poeti che ha ripreso col suo obiettivo, ma mi sono parsi un’infinità. E’ andato a fotografarli nei loro habitat, in casa, per strada, al mare, in montagna. Scrittori di tutte le età e gli stili (anche esistenziali), in bicicletta, in tuta, immobili, in movimento. Mai al computer, mai con una penna in mano. In cucina magari, o dal barbiere, o stesi su un letto o intenti a farsi le carte. Io sono in mezzo alle lavande della casa in campagna con l’aria soddisfatta di una ragazzetta che ha appena fatto qualche danno in camporella. La foto è molto bella, c’è poco da dire. Se non ci fossi io dentro, sarebbe perfetta. E’ così bella che mi fa scoprire una nuova bellezza nella terra dove vivo tutti i giorni e che, quando guardo l’orizzonte a perdita d’occhio, non vedo nei dettagli perché ho a disposizione uno spazio troppo grande per notare il singolo filo d’erba, la singola nube lontana che nella contrazione dell’immagine balzano invece subito agli occhi.
Ma perché, mi chiedo, Nistri ha voluto fotografare proprio gli scrittori, se poi il gioco è stato allontanarli dal loro lavoro per gettarli nel “mondo selvaggio” del titolo che ha voluto dare alla mostra? Gli scrittori sono persone come tutte le altre, fanno proprio le stesse cose che fanno tutti. Vedi, passeggiano. Vedi, fanno ginnastica. Vedi, suonano la chitarra. Rosella Postorino compra i fagioli al mercato. Andrea Camilleri sembra che stia scappando dalla fotografia. Niccolò Ammaniti cerca di farsi pesce fra i pesci di un acquario. Caterina Bonvicini, pure lei, è dentro un grande acquario, ma addirittura fra gli squali citati nel titolo di un suo romanzo. Chiara Valerio medita se mangiarsi o no una pastarella. Carlo Lucarelli sta per appropriarsi di una pistola esposta al museo, forse per difendersi da tutti i delinquenti di cui racconta. Michela Murgia sembra una jana, una strega sarda in vena di lanciare maledizioni o compiere incantesimi. Elena Stancanelli cammina come un’indossatrice. Vincenzo Pardini fuma la pipa. Lidia Ravera accarezza il cane. Sebastano Vassalli accarezza una scultura. Walter Siti distoglie lo sguardo da un enorme foto pornografica di un suo fidanzato, quasi un Mapplethorpe, che al confronto Lorenzo Pavolini quasi nudo (in costume) sul serf, mostrando muscoli niente male, pare un’educanda…
Forse allora ci sono, ho capito la morale di questa mostra inquietante: staccati dai loro libri gli scrittori sono dei disadattati, hanno un’aria sempre fuori posto, un po’ pazzi, un po’ dropout che cercano di darsi un tono, un contegno. Per questo Nistri li ha definiti selvaggi: fuori dalla civiltà, dalle buone maniere, dalla previdibilità? E dire che io pensavo di essere solo la sua sgomenta selvaggina…