Roma sognata di notte (Foglio, 30/3/22)
Roma, quando ci si abita, pare di conoscerla bene. E magari, per saperne di più, ogni tanto ci si affida a una guida scritta – per accompagnare amici stranieri in visita, magari – e allora ritrovi una volta di più, e con l’aria del turista, il solito Colosseo, e San Pietro, e l’Ara Pacis, e Santa Maria Maggiore e avanti così. Poi ti capita tra le mani uno strano libro, che un po’ è un romanzo visionario, un po’ riflessione sui disastri subiti dalla città cosiddetta eterna, un po’ anche autobiografia di una ragazza, poi donna, innamorata di Roma, dei suoi angoli, dei suoi gatti, dei suoi segreti, e ti cambia la percezione, e improvvisamente quella città sorniona, che ti sta intorno placida e incasinata, ma in qualche modo intoccabile e sempre uguale a se stessa nei secoli, muta il suo aspetto. Il libro è Sogno notturno a Roma (1871- 2021) e l’autrice è una romanziera curiosa del passato, Annarosa Mattei, che si dà il caso sia anche moglie di uno storico dell’arte che di Roma sa proprio tutto, Claudio Strinati: una coppia formidabile quei due, che procedono all’unisono nella vita, sia quando vanno a passeggio (per Roma, ovvio) sia quando s’impegnano in una fortunata clip culturale, Giovedì un libro, che si può seguire su Youtube e su Facebook, in cui dialogano ogni volta su un libro, discutendo fra loro allegramente – ma molto seriamente – con la naturalezza di una vecchia coppia intelligente e affiatata.
Ma insomma, tornando a questo Sogno notturno (La Lepre, 360 pagine, 20 euro), dicevo che aiuta a vedere Roma con occhi diversi: una Roma non trionfante sulla sua monumentale bellezza, ma ferita, profondamente tradita dal potere, dalla politica che ha deciso per lei cambiamenti dolorosi, irrimediabili smembramenti. Per far posto al Vittoriano, per fare l’esempio più eclatante e più noto, vicenda che infatti apre il racconto. Un racconto condotto da due bizzarri personaggi, Gaia e Gregorio, “una donna inquieta e un gatto sapiente”, e da altrettanto bizzarri amici, ombre o reincarnazioni di storie lontane, Leopoldo, Marcello, Quirino, che i due protagonisti incontrano strada facendo fra il rimpianto per la casa distrutta di Michelangelo e la scorribanda dentro il liceo Visconti dalla lunga storia, rievocando l’importanza sterminata avuta da Roma su innumerevoli artisti. Ma su tutto un altro, incurabile rimpianto: quello di un’idea di arte e letteratura rimasta sepolta fra più recenti rovine, nella devastazione culturale di un’avida contemporaneità che ha ridotto bellezza e unicità a merce, al pari di tutto il resto.