Tito Baldini e i “Ragazzi al limite”(L’Unità 1/7/11)
Se ogni bambino disponesse davvero nascendo del diritto di essere amato, rispettato, capito diverrebbe un adulto equilibrato e disponibile a soddisfare anche negli altri, prima di tutti i suoi figli, le esigenze di amore, rispetto, comprensione. Insomma vivremmo in una società molto migliore di quella in cui viviamo e l’umanità sarebbe degna di questo nome. Avevo trovato questo concetto in Bruce Chatwin e in tanti guru orientali e, in modo non teorico, in tanta gente di buon senso. Ora lo ritrovo in un bellissimo, ricco, generoso volume di uno psicanalista di quelli che non si limitano a lavorare nel chiuso di una stanza, ma si buttano a seguire i minori “difficili” dove è necessario, dove i casi li portano cercando di costruire per loro posti di accoglienza, case-famiglia, agendo con creatività sempre nel rispetto delle terapie collaudate. L’autore si chiama Tito Baldini, è membro della Spi (la Società freudiana di psicanalisi) e ordinario dei corsi di formazione per la psicoterapia dell’adolescenza dell’Arpad. Il libro, con introduzione di Domenico Chianese, s’intitola Ragazzi al limite, edito da FrancoAngeli nella prestigiosa collana diretta da Gustavo Pietropolli Charmet.
Solo apparentemente composito, perché raccoglie una serie di seminari che Baldini ha tenuto nel corso di vent’anni di attività in varie occasioni, in realtà è il racconto circostanziato di un percorso, fatto di successi, difficoltà, frustrazioni, utile non solo agli addetti ai lavori, ma a chiunque abbia a cuore il rapporto con i giovani, devianti o meno, e oserei dire il destino delle società contemporanee. Si snoda attraverso un puntuale confronto con i maestri, da Freud a Bion per citarne due immensi, intercetta utilmente un’appassionta autobiografia, offre riflessioni circostanziate – e mutuate dalla vita vera di veri “casi” -sull’adolescenza cronologica e quella che il terapeua deve scovare, analizzare e mettere in gioco in sé e di sé. Affronta senza romanticismi il portato del trauma, il fascino del limite, i concetti di bene e di male, ripensa alcune figure carismatiche del panorama mediatico attuale, come Clint Eastwood per esempio, in una luce totalmente originale. Infine offre percorsi concreti di intervento, qualche risposta, mai definitiva ma sicuramente utile fra fattibilità e utopia.
«Vorrei dire con forza, convinzione ed emozione che ce la possiamo fare» scrive a un certo punto Baldini. Ed è credo quello che operatori, genitori, semplici esseri umani che desiderano aiutare giovani in difficoltà vogliono sentirsi dire: non certezze, ma speranze concrete. Perché si è figli dei propri genitori (magari inadeguati, abusanti, incrinati essi stessi) e della propria infanzia, ma anche degli incontri che faremo nella nostra esistenza. C’è, insomma un margine di correzione del destino di disamore dove un buon terapeuta, creativo e non spaventato da se stesso e dalle proprie reazioni, può fare molto. Ed è molto importante percepire la “guarigione” (uso questa parola per semplificare, ma non è scientificamente esatta, ne sono consapevole) come l’interruzione di una catena che si riverbera di generazione in generazione, perché chi non è stato amato da piccolo non sarà in grado, se non intervengono esperienze capaci di far superare il trauma, di amare a sua volta i figli. Quel non essere amati vuol dire in termini un pochino più tecnici soddisfare il narcisismo primario, «sentirsi sicuri della propria onnipotenza, della centralità e unicità della propria esperienza esistenziale» Perché «ciò che viene leso è la capacità rappresentazionale» e questi bambini diventano autonimi prima del tempo, ribelli allo studio, bisognosi di affermarsi attraverso la violenza e un continuo forzare il concetto di limite.
Sempre le vicende umane estreme ci fanno intravedere qualcosa della nostra “normalità” che non è poi così normale. Molto si potrà capire, leggendo questo libro, del dolore di un qualsiasi bambino e futuro adolescente, del suo disagio rispetto a determinate esperienze, delle sue frustrazioni che lo rendono furibondo. E molto quindi ci dice su noi stessi.