Tutti i segreti di Twitter (L’Unità, 4/5/14)
Twitter questo sconosciuto. Siamo in quattro milioni a utilizzarlo (in Italia), soprattutto giovani fra i 16 e i 34 anni, ma forse ne siamo agiti più che dominarlo, come invece abbiamo imparato a fare con Facebook, dove le relazioni fra gli individui sono ormai consolidate e più semplici, più dirette, più simili ai rapporti reali: io dico una cosa, tu mi rispondi. Che già quattro milioni non è una gran cifra: se pensiamo all’impatto grande che Twitter ha sull’informazione e, quindi, sulle nostre vite, sembrano molti di più. Perché sono quattro milioni che poi esplodono, s’irradiano, si moltiplicano nei passaggi televisivi, nei commenti sui giornali, nel gran blabla, insomma, delle tante trasmissioni d’opinione, dove spesso i cinguettii delle celebrities – e più ancora quelli degli sconosciuti – rimbalzano in sovrimpressione durante questo o quel dibattito. Twitter che dà l’impressione di avvicinare i famosi e i nessuno, che ha generato una nuova forma di democrazia, partecipativa invece che rappresentativa. Twitter di cui molti ancora diffidano (e non hanno tutti i torti) perché è terra di conquista soprattutto di chi ha qualcosa da vendere, da pubblicizzare, o dei giornalisti che sono abilissimi a diventare su quella piattaforma delle vere star. E poi si parlano fra loro, ammiccano, litigano o fingono di farlo, e solo ogni tanto rispondono ai follower, la massa di pubblico che prende la parola (non raramente per insultarli e sembra davvero stappare una bottiglia di champagne e dare fondo a ogni covato malumore).
Confesso che di Twitter non avevo capito il senso. All’inizio, abituata a Facebook, tentavo di usarlo allo stesso modo, cercando rapporti di complicità fra amici (quelli della vita vera in questo caso) in un dialogo che escludeva stupidamente tutti gli altri. Poi un giorno ho twittato una frase di Audrey Hepburn che mi piace: «Per avere una bella bocca, di’ parole gentili» e ho visto crescere le mie quotazioni, nel senso che ho avuto un mare di “preferito” e retwitt e ho contato parecchi nuovi follower. Era chiaro che le cose fra i cinguettanti funzionavano diversamente rispetto al social più famoso. Ma come esattamente? Ho continuato a brancolare nel buio, attraverso piccoli esperimenti, copiando quel che facevano gli altri, migliorando in un modo o nell’altro le mie quotazioni, però mi restava un’insoddisfazione di fondo, un senso sconfortante di incomprensione per qualcosa che invece so essere importante, se non imprescindibile, nel panorama multiforme della contemporaneità.
Ed ecco che m’imbatto nel libro giusto perché davvero ha sempre ragione Rimbaud e «bisogna essere assolutamente moderni»: La politica in 140 caratteri (FrancoAngeli) aiuta a esserlo. Scritto principalmente dalla sociologa Sara Bentivegna, che ha coordinato la ricerca di un gruppo di colleghi e di più giovani collaboratori, otto in tutto (Giuseppina Bonerba, Roberta Bracciale, Diego Ceccobelli, Paolo Mancini, Rita Marchetti, Marco Mazzoni, Rossella Rega, Maurizio Tesconi) oltre a indagare le ragioni per cui «i politici sono tutti pazzi per Twitter» analizza e spiega come lo spazio pubblico si stia modificando e fornisca una serie di chiavi per capire davvero in cosa consiste la fortuna di questa “nuova” piattaforma (è nata nel 2006).
A un livello basic, se non sapete cos’è un hashtag, modo per coinvolgere più gente possibile nella discussione di un tema, un fake, doppione umoristico di una celebrity della politica, un influencer, persona che ottiene vasto seguito plasmando le opinioni altrui, un time killer, un perditempo che principalmente frivoleggia, un meme, contenuto “virale” che si propaga per imitazione… questo libro ve lo spiega attivamente, ma molto di più si addentra (tabelle alla mano) sugli intrecci del discorso politico fra rete e media tradizionali, traccia il ritratto dei diversi utenti, scopre i vari stili di discorso (vince quello ironico), racconta il repentino successo di nuove figure leader svelandone le tecniche e la reale capacità d’influenza.
Niente di più lontano da un manuale, attenzione, eppure osservando i comportamenti dei politici e dei giornalisti che fanno la parte del leone su Twitter, tante cose diventano chiare anche al profano e non ci si sente più dalla parte degli esclusi, che possono solo stare a spiare gli scambi fra quelli che la sanno lunga, come bambini col naso schiacciato contro la vetrina.