Perché Natalia (rivista Appennino, n.7)
Confesso che non sapevo, prima di scriverci su un libro, quanto il corpo a corpo stabilito con Natalia Ginzburg nello studiarla e raccontarla avrebbe avuto conseguenze importanti, non solo nella mia relazione con lei da lettrice, ma anche sulla mia scrittura e sulla mia vita. Da lettrice ho conosciuto Natalia – un po’ come tutti – con Lessico famigliare, un libro che era piaciuto a mia madre e che fu lei a consigliarmi di leggere. Vado scoprendo adesso, fra l’altro, nei tanti incontri pubblici che tengo per La corsara, quanto Lessico sia una lettura che le madri hanno consigliato ai figli, alle figlie soprattutto, e che c’è stato insomma un passaparola generazionale che poi, noi figlie, abbiamo a nostra volta replicato. E’ così che Natalia Ginzburg è entrata nel dna della nazione, diventando una specie di persona di famiglia.
Destino curioso per una scrittrice niente “domestica”, anzi sofisticata e irriducibile. Di quanto fosse ostinata, irremovibile da posizioni spesso sorprendenti o addirittua scandalose, ci si rende conto al cospetto del suo saggismo. A partire dagli anni Settanta la sua voce imperiosa, appena addolcita da programmatiche dichiarazioni di insipienza a proposito di tutto (diceva di non conoscere le lingue e traduceva Proust, di non sapere niente di politica e fu parlamentare per due legislature…), risuonò calma e forte attraverso importanti testate, dalla Stampa al Corriere al Mondo all’Unità.
Dopo il materno Lessico, continuai per conto mio a leggerla: fu con Le piccole virtù e soprattutto con Mai devi domandarmi e con Vita immaginaria che divenne una delle “mie” scrittrici. Il primato, però, lo detenevano nel mio cuore Elsa Morante e Virginia Woolf, Lalla Romano e Marguerite Duras. Per quel poco che la conoscevo (attraverso Giulio Einaudi, infatti, l’ho un po’ frequentata a Roma negli ultimi anni Ottanta) Natalia era persona troppo austera e severa, malinconica e reticente per accendere la mia giovinezza. Fra l’altro non avevo amato per niente Caro Michele: mi sembrava ingiustamente liquidatorio sulla nostra generazione ribelle, me ne sentii personalmente ferita, ero convinta che la Ginzburg non avesse capito niente delle derive sessantottesche, dei nostri sogni. Dovevano passare gli anni, dovevo anch’io personalmente maturare una significativa distanza da tante illusioni sbagliate, convinzioni insensate, per capire cosa aveva davvero voluto dire con quel libro amaro (che pure continua a non piacermi, soprattutto per il personaggio della giovane sbandata, Mara Castorelli, che ancora adesso sento “fuori tono”, troppo sopra le righe, caricaturale). Feci pace con Natalia leggendo in ritardo e per caso un suo romanzo del ’47 che lei riteneva in parte sbagliato, troppo triste, e io ho subito trovato bellissimo: E’ stato così. Fin dalle prime righe la donna che uccide il marito mirando dritto in mezzo ai suoi occhi, mi sorprese e mi emozionò. Contiene pagine di una disperazione incontenibile, un senso della tragedia antico e insieme modernissimo, la forza di una rivolta necessaria, anche se comunque inutile e fallimentare.
E poi ci fu La città e la casa. Era già morta Natalia quando lo lessi, perché un amico lo considerava il suo romanzo più bello. Io ne fui disorientata: c’era dentro un modo di narrare nuovo e inquietante. Tutto era detto e tutto sfuggiva da quei personaggi che comunicano attraverso lo scambio di lettere e che non sanno riempire un sostanziale vuoto delle relazioni.
Ora Natalia non mi disorienta più. Ma ho dovuto mettere tutto in fila: i suoi libri, il suo teatro, i suoi articoli, come i fatti della sua vita. Ho dovuto ricostruire le sue grandi amicizie e le sue enormi perdite, capirla prima come persona per riuscire, forse, alla fine, a comprenderla davvero come scrittrice. Non con tutti gli scrittori succede così. Io insomma ho dovuto scrivere di Natalia per potermene innamorare. In genere, se si scrive un libro su un altro autore, è perché lo si ama moltissimo. Per me è stato il contrario, il mio amore era tiepido, però pensavo che fosse giusto dedicarle una biografia in occasione del centenario della nascita, che cadeva il 14 luglio del 2016. Pensavo che se lo meritasse per il ruolo importante che aveva occupato nella storia, nella letteratura e nell’editoria italiana. Pensavo che sapessimo tutti troppo poco di lei.